All’Host di Milano l’Istituto Nazionale Espresso Italiano, insieme alle aziende nazionali produttrici di caffè, ha fatto il punto sulla “salute” dell’espresso italiano di qualità al bar.
Quando si parla di espresso italiano, spiega Luigi Odello, Segretario generale Istituto Nazionale Espresso Italiano, si fa riferimento ad un modo di fare caffè storicamente determinato, quindi differente da ogni altro: «A qualcuno un giorno venne in mente di preparare il caffè all`istante per servirlo sempre fresco, quindi migliore. Per farlo occorreva dare pressione all`acqua, perché con la sola gravità la preparazione richiedeva troppo tempo. Con l`impiego della pressione si mettevano in evidenza due
fenomeni: il panello non reggeva e l`estrazione era così forte da palesare anche la minima imperfezione presente nel caffè, fosse essa dovuta alle origini impiegate o al tipo di tostatura. Ecco il lavoro deitorrefattori e il loro impegno per realizzare miscele sempre più perfette. Ecco l`arte della miscela italiana, il genio creativo che si manifesta»
La domanda che sta a cuore all’Istituto e a tutti i produttori di caffè è che futuro ha l’spesso italiano di qualità nel mercato dell’ho.re.ca; alcuni dei produttori presenti all’Host hanno condiviso con le altre aziende il proprio punto di vista sui problemi attuali e sulle prospettive future di questa bevanda nazionale fiore all’occhiello tra i prodotti italiani.
Ad esempio Piercarlo Bisio di Alto Gusto critica la scarsa professionalità di molti bar: «la scarsa qualità dell`Espresso in tazza, in parte causata dalla qualità non sempre eccelsa delle miscele e soprattutto dalla scarsa preparazione e professionalità degli operatori, sta creando disaffezione nei consumi. Lo dimostrano i cali di vendita nel settore horeca e l`espansione dei consumi di prodotti sostitutivi quali l`orzo e il ginseng. In molti casi la bevanda “caffè espresso” è migliore quando la somministrazione avviene attraverso macchinette da ufficio che utilizzano polveri in cialde o capsule rispetto a quando è fatta mediante il metodo classico dell`Espresso».
Mauro Baroni, Caffè Krifi, invece, punta l’attenzione sul consumatore:
«Non c`è il ricambio generazionale nei bar del ritrovo e nei bar classici dove il caffè viene consumato da una fascia d`età che si alza sempre di più. Un bar rischia di diventare più interessante per un torrefattore,relativamente al consumo di caffè, se la clientela media è compresa tra i 35 e i 65 anni che non se frequentato da giovanissimi. A mio avviso oggi tre giovani su quattro dai 16 ai 21 anni non hanno ancora cominciato a consumare il caffè se non eventualmente quello della prima colazione».
Giulio Trombetta, amministratore delegato e presidente di Costadoro, nonostante consapevole delle problematiche legate al mercato del caffè si dice ottimista: «Qual è il futuro dell`Espresso Italiano? Noi siamo assolutamente positivi. L`importante è comprendere e far capire che l`offerta dovrà essere sempre più selezionata. Il pubblico è e diventerà sempre più esigente e vinceranno la competizione solo coloro che investiranno in ricerca e qualità del prodotto e avranno la forza e la costanza di farla comprendere ai propri interlocutori. In questo senso avranno sempre più ragion d`essere le scuole e le accademie dove si impartiranno i segreti dell`espresso. Una grande attenzione si dovrà anche prestare alla manodopera utilizzata. Si esigerà sempre più professionalità da parte degli operatori. Le aziende di torrefazione in questa fase dovranno esser sempre al fianco dei loro clienti che più che tali saranno dei veri e propri partners con i quali essi dovranno collaborare per ottenere sempre di più».
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