C’è tumulto per la liberalizzazione degli orari di negozi e pubblici esercizi, in vigore da lunedì 2 gennaio; c’è caos perché l’opinione degli esercenti, dei loro rappresentanti, degli enti locali e delle associazioni di consumatori si spacca su più fronti.
Per quanto concerne i negozi no food, le associazioni di categoria sono quasi unanimi nel dire che prolungare gli orari servirà solo ad avvantaggiare centri commerciali e grande distribuzione. A Roma s’è persino giunti ad una “rivolta” dei negozianti appoggiati da Confesercenti che minaccia lo sciopero generale del settore.
Per quanto concerne la ristorazione fuori casa, invece, i pareri sono meno radicali, ma ci sono forti dubbi sul fatto che la liberalizzazione porterà ossigeno alle aziende.
Ci sono molti aspetti di questa nuova legge che accende gli animi dei chiamati in causa: in primis il fatto che il governo centrale abbia scavalcato gli Enti locali nella materia di apertura e chiusure dei negozi.
La Regione Toscana, ad esempio, ha deciso di impugnare la legge presso la Corte costituzionale per conflitto di competenza. Luigi Taranto, segretario generale Confcommercio dichiara che «per gli organi regionali non è prevista la possibilità di recepire o meno la legge: è arrivata senza consultazione o accordo, ma è di fatto in vigore su tutto il territorio nazionale: a nostro avviso, si tratta di una forzatura».
Il secondo punto caldo della questione è se la legge servirà davvero all’economia oppure no. I locali di somministrazione di alimenti e bevande potranno restare aperti anche la notte, e questo per alcuni è un aspetto positivo, mentre per altri è rischioso. Le associazioni di consumatori vedono nella liberalizzazione un flessibilità per i clienti che offrirà nuove opportunità di acquisto, ma intravedono anche problemi di quiete pubblica.
Roma, con Napoli, è la prima città che s’è già adeguata alla nuova legge (che prevede 90 giorni per il recepimento della norma): secondo Liborio Pepi, Presidente della Fiepet-Confesercenti Roma, i locali capitolini del centro scommettono sulla novità e sono pronti, con la speranza che orari continuati permetteranno più incassi.
Il presidente della Fipe-Confcommercio Roma Nazzareno Sacchi non si dice sfiduciato al riguardo, piuttosto si preoccupa di come conciliare l’assenza di orari fissi con l`ordinanza anti alcol, che vieta il consumo di alcol dopo una certa ora e che è stata prorogata fino al 31 marzo.
Secondo Giuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma, invece, prolungare le aperture potrebbe avere efficacia in un periodo positivo per l’economia, ma «in una situazione di crisi come questa, invece, finirà soltanto per incrementare i costi di gestione delle attività commerciali».
A livello nazionale le dichiarazioni sono molto pessimistiche: Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, lo dice chiaramente: senza altri provvedimenti la liberalizzazione sugli orari sarà una falsa speranza: «L`aumento dei prezzi di luce e gas, che appartengono alle spese obbligatorie delle famiglie, riducono inevitabilmente i consumi liberi.».
Come dire: il poco denaro in tasche delle famiglie si traduce in negozi e pubblici esercizi vuoti.
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