Quale futuro per la categoria birra nel canale Horeca? Quali rapporti con i distributori? Di questo e altro ne parliamo con Massimo Barboni, direttore business Unit Horeca di Heineken Italia.
D. Qual è lo stato di salute della categoria birra in questo difficile contesto di crisi? Che prospettive vede per i consumi della birra in Italia, cresceranno o il consumo procapite ritiene abbia raggiunto l’apice?
R. «La birra in Italia, a differenza dei mercati maturi del nord Europa, è una categoria ancora relativamente giovane e con un potenziale ancora inespresso. Basti pensare che in Italia abbiamo il consumo pro capite più basso d’Europa, incluso le altre nazioni con una forte cultura legata al vino. Riteniamo pertanto che ci sia ancora spazio per lo sviluppo di questa nel medio termine ed Heineken Italia, in quanto leader di mercato, debba proattivamente investire per aumentare la rilevanza della birra anche al di fuori delle occasioni di consumo più consolidate. E’ ovvio che negli ultimi anni a partire dal 2008 il mercato della birra è in sofferenza, ma se guardiamo ai trend di lungo termine la birra è in crescita e guadagna quota rispetto alle altre bevande alcoliche».
D. Cultura della birra in Italia? Da paese storicamente enoico, non brilla particolarmente. Cosa fa Heineken per implementare la conoscenza e la cultura brassicola?
R. «Ormai da diversi anni ci siamo impegnati per diffondere una cultura della birra nel Paese sia come singola azienda che sinergicamente alle iniziative di Assobirrra. A livello di divisione horeca abbiamo creato un team dedicato per andare a diffondere la cultura brassicola. Abbiamo persone interne al nostro reparto di trade marketing che coordinano il prezioso lavoro che alcuni tra i nostri migliori gestori di locali fanno assieme a noi sul territorio. Grazie a tutto ciò nel 2013 saremo in grado di portare sul mercato più di 500 corsi rivolti alla forza di vendita dei nostri distributori, ai punti di consumo e in occasione di alcune serate dedicate anche ai clienti dei nostri migliori locali. Oltre ai corsi nel quotidiano la nostra forza di vendita al sell out dovrà sempre più coinvolgere i gestori dei locali e spiegare che una birra servita a regola d’arte è il primo passo per aumentare i consumi. Difficilmente si chiede una seconda birra se l’esperienza della prima non è stata soddisfacente».
D. Come valuta il fenomeno birre artigianali? Successo duraturo o fuoco di paglia?
R. «E’ sicuramente un trend destinato a durare. Segno che la birra sta diventando gradualmente parte della nostra cultura. Sempre più giovani imprenditori decidono di lanciarsi in questa avventura, trasformando una passione in un progetto di vita. Non è tra l’altro solo un fenomeno italiano; in tutti i mercati birra più sviluppati al mondo le artigianali o craft stanno crescendo, attirando anche nuovi consumatori a bere birra».
D. Nel pensare a una campagna istituzionale a sostegno dei consumi di birra in italia, su quali valori/concept punterebbe?
R. «La naturalità del prodotto. Ancora un numero relativamente piccolo di consumatori sanno che la birra viene prodotta solo con ingredienti naturali e che se consumata in maniera responsabile ha anche effetti benefici sulla salute».
D. Quali strategie del gruppo Heineken a supporto del mercato Horeca? Strategie e scelte commerciale per il canale Horeca: da quest’anno Heineken pare stia privilegiando gli investimenti verso la parte terminale della filiera: (pdv - consumatore finale). Perché? il distributore non rientra più in un rapporto di partner-ship strategica?
R. «A partire da quest’anno Heineken ha sostanzialmente cambiato l’approccio al mercato. In questo momento di crisi in cui le persone escono sempre meno e, quando lo fanno, sono molto attente a quanto spendono. In questo contesto abbiamo ritenuto necessario rifocalizzare le risorse sia in termini di persone che investimenti dal sell in al sell out. L’obiettivo è quello di sostenere i consumi di birra all’interno dei locali, andando a coinvolgere il consumatore attraverso per esempio serate di degustazione e corsi di formazione o attività promozionali legate alle nostre marche. Prima fra tutte l’attivazione della Uefa Champions League; sempre più persone vanno infatti a vedere le partite nei locali e Heineken ha deciso di investire per dare ai gestori un ulteriore leva per generare fatturato addizionale. Questo non significa in nessun modo bypassare i nostri distributori. Solo attraverso una ancor più stretta collaborazione si possono andare ad identificare i locali con maggior potenziale inespresso e lavorare in maniera sinergica per aumentare la fidelizzazione dei locali al distributore e ad Heineken. Le nostre iniziative sui punti di consumo e la nostra forza di vendita al sell out diventano in quest’ottica un’arma in più per i nostri distributori partner per consolidare e sviluppare il fatturato nei loro territori».
D. Parliamo di distributori di bevande: la categoria birra vale, per loro, circa un 40% del giro di affari. E’ una media migliorabile secondo lei? Quali a suo avviso i limiti e le potenzialità del distributore medio italiano?
R. «Be, la media del 40% varia da zona a zona ed è legata alla strategia distributiva scelta da ogni singola azienda. E’ indubbio però che la birra, soprattutto alla spina, è molto importante per migliorare la profittabilità dei distributori. Diventa pertanto una priorità soprattutto in quelle aree dove questa è ancora molto al di sotto della media nazionale. Basti pensare ad un menu tipico di una pizzeria nel sud Italia, dove la diffusa presenza di birre in bottiglie da 66 cl di fatto blocca lo sviluppo dei consumi alla spina, andando così a discapito del margine lungo l’intera filiera. Nel prossimo futuro i distributori sempre più dovranno fare delle scelte. E’ difficile pensare di poter soddisfare le necessità di tutti i segmenti del mercato in termini di livelli di servizio, assortimento, consulenza. Allo stesso tempo la pressione sui prezzi aumenta e la concorrenza dei Cash & Carry diventa sempre più pressante. E’ fondamentale quindi avere sotto controllo la marginalità delle diverse categorie e dei singoli punti di consumo. In questa fase oltre che all’aspetto della marginalità diventa forse ancor più importante tenere sotto controllo le scorte ed i crediti. I distributori stanno andando in affanno più per gli aspetti finanziari che reddituali».
D. Raccogliendo umori e considerazioni dei distributori, spesso la multinazionale Heineken viene vissuta come un “colosso” che detta le sue “leggi” commerciali, imponendo dall’alto condizioni e diktat. Abbiamo riscontrato un certo atteggiamento di sudditanza che non favorisce, in talune occasioni, una partner ship sana e propositiva. Le cose stanno davvero così?
R. «Il canale horeca in Italia è particolarmente frammentato, con un forte e qualificata presenza di fornitori nazionali ed esteri. Potrà sembrare strano ma i distributori di bevande rispetto ad altri Paesi Europei ed extra Europei con una maggiore concentrazione a livello di marche, hanno quindi un forte potere negoziale nei confronti dell’industria. Soprattutto per quanto riguarda la spina, la scelta finale della marca presente sul punto di consumo viene fortemente guidata dal distributore. Detto ciò, il nostro nuovo approccio al mercato vuole rafforzare la collaborazione con i distributori più evoluti. Questo è possibile solo se i piani vengono condivisi e i rispettivi punti di vista ed obiettivi capiti e tenuti in considerazione da ambo le parti».
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