Il mercato della ristorazione italiana non è fatto solo di food. Il bere, le bevande, hanno un ruolo sempre più centrale, sia nella soddisfazione del consumatore che nel conto economico del gestore. Ne parliamo con Giuseppe Cuzziol, presidente di Italgrob.
D. Quanto, secondo lei, oggi è valutato correttamente il ruolo e la valenza che possono avere le bevande nella ristorazione?
R. «Nel fare questo tipo di valutazione è necessario scomporre il mondo della ristorazione. Se parliamo della ristorazione di fascia alta, ebbene ritengo che in questo contesto l’attenzione che il valore del “bere” ha nel contesto dell’offerta è sempre stato molto alta. Non per nulla ci sono locali che sono delle vere e proprie cantine, capaci di selezionare e proporre ai loro clienti centinaia di diverse etichette. E non parlo solo di vino, ma anche di specialità brassicole, oltre che di specialità liquoristiche. Questi locali hanno ben compreso che la gratificazione e la fidelizzazione dei propri clienti passa anche attraverso la varietà, la qualità e l’esclusività della propria offerta beverage».
D. Nella ristorazione di fascia medio bassa invece?
R. «Beh, qui la situazione è un attimino diversa, la maggior attenzione è riservata all’offerta food, il “beverage” gioca un ruolo di secondo piano. E qui il ristoratore compie un errore: una selezione di bevande esclusive, non necessariamente costose, ma in linea con quello che è il target di quel determinato locale può fare davvero la differenza sul mercato. Dal canto nostro, come distributori specializzati di bevande l’impegno continuo è quello di sensibilizzare i nostri clienti verso prodotti dedicati al settore Horeca. Devo dire che, grazie a questo continuo lavoro di promozione, l’attenzione verso il beverage nell’offerta ristorativa sta crescendo sempre di più».
D. Ma ristoratori, gestori, camerieri sono educati a proporre al cliente la giusta bevanda da abbinare, oppure lasciano fare al cliente?
R. «Torno al concetto di prima: nella fascia medio-bassa del mercato c’è ancora tanto lavoro da fare, il cliente bisogna assecondarlo, ma anche guidarlo e consigliarlo. Se nel bere la sua esperienza rimane esclusiva e positiva state pur certi che quel cliente è conquistato».
D. Parliamo di acqua, prodotto che molte volte viene trattato come una commodity: che differenza fa proporre una buona minerale, piuttosto che mettere a tavola acqua in brocca.
R. «Se mi permette la differenza che c’è fra il giorno e la notte. Fra un’acqua minerale servita in bottiglia e acqua di rubinetto seppur filtrata, non c’è partita, e non solo per la gratificazione del cliente, che ovviamente gradisce acqua minerale, ma anche perché, servire acqua in brocca è un danno anche per il ristoratore. Uno studio della Sanpellegrino ha quantificato in 6000 € annui, in media, la perdita che ha un ristoratore nel proporre ai propri clienti acqua filtrata in brocca. Un danno d’immagine oltre che economico, quindi».
D. Qual è il ruolo del distributore nel rapporto con un ristoratore che deve selezionare la sua offerta beverage?
R. «In questo contesto il ruolo del grossista specializzato è fondamentale. Con la sua cultura di prodotto, il contenuto di servizio che sa offrire, il grossista beverage garantisce al “bere” il più alto valore aggiunto. Perché il “bere” non è solo un fatto di prodotti di qualità. Tutti sappiamo che intorno al bere s’instaura una socialità più immediata, bere insieme riduce le distanze, gustare e apprezzare lo stesso vino, la stessa birra esclusiva ci fa scoprire amici, e a volte complici. In questo modo frequentare un locale pubblico è sicuramente più piacevole e gratificante, dà ai consumatori più soddisfazione. E clienti soddisfatti in fondo è quello che tutti vorrebbero».
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