Salva la tua birra. Così si chiama l’iniziativa lanciata dall’associazione che si fonda su una serie di considerazioni molto circostanziate.
1) La birra è l’unica bevanda a bassa gradazione alcolica che paga le accise in Italia (pagano l’accisa solo i vini liquorosi e aromatizzati, i distillati e i liquori, non il vino). Nell’ultimo decennio, poi, le accise sono cresciute nell’ultimo decennio di quasi il 70% (senza contare che l’aliquota Iva della birra è da poco arrivata al 22% e l’accisa stessa è gravata dall’Iva). I consumatori italiani pagano tre volte le accise sulla birra rispetto a spagnoli e tedeschi.
2) La tassa è inefficace, perché si riducono i consumi e le entrate per lo Stato, come ha illustrato anche la Ragioneria generale dello Stato. Dopo un 2012 difficile per i consumi di birra, chiuso con un sostanziale pareggio rispetto all’anno precedente, nei primi 7 mesi del 2013 le vendite interne delle aziende associate sono già scese del -2,8% con un conseguente calo degli incassi da accisa.
3) L’aumento mette in difficoltà il sistema delle imprese e l’indotto (500 aziende, 150milaaddetti, 300 giovani imprenditori dei microbirrifici, 200mila bar, pub, ristoranti e alberghi, gli agricoltori che producono le materie prime) può avere effetti dannosi. Tanto più che il 70% della birra consumata in Italia è prodotta nel nostro Paese e oltre 2 milioni di ettolitrisono esportati
4) Accisa più alta, “pizza e birra” più cara per tutti. Conclude Frausin: «La birra è una bevanda naturale (quattro semplici ingredienti: acqua, cereali, lievito e luppolo), moderatamente alcolica (4-6 gradi le birre più comuni), poco calorica (un bicchiere da 20cl di birra chiara conta 68 calorie, come il succo d’arancia), accessibile a tutti (il prezzo medio al supermercato di una bottiglia da 66cl è 1 euro). Aumentare le accise significherebbe colpire uno degli ultimi piaceri – la serata in pizzeria e l’accoppiata birra e pizza – che è rimasto a tante famiglie».
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