Qual è la funzione della distribuzione? La domanda potrebbe apparire banale e la risposta scontata se si considera che tale funzione, nel suo senso più pratico, attiene alla dinamica di prendere dei prodotti da un luogo per poi farli giungere in un altro, lì dove di quei prodotti qualcuno ne ha bisogno.
La risposta, dunque, affermerebbe che la distribuzione assolve una funzione meramente logistica. Ma, in un mercato complesso come l’Ho.Re.Ca, in un settore evoluto e dinamico come quello del beverage, non è così! Non è solo così. Altrimenti basterebbero le grandi piattaforme di smistamento, gli automezzi con i teloni griffati con i loghi delle multinazionali che vendono di tutto e niente di preciso, gli omini in tuta rigata con i numeretti sul pettorale che giungono a destinazione e, senza dire né buongiorno né buonasera, scaricano, puntano i loro lettori digitali sulle casse e, con un bip, formalizzano: “Consegna avvenuta”. Poi se ne vanno, a testa bassa verso altri bip...
Ebbene, se fare distribuzione nel canale Ho.Re.Ca fosse solo questo, non esisterebbero (fortunatamente) i grossisti del beverage, non esisterebbero imprenditori come quelli che presentiamo periodicamente su questo portale, gente che si prende cura di un mercato eterogeneo e decisamente complicato come quello italiano del beverage. Pertanto, se la funzione di tale distribuzione non è, o almeno, non è solo un fatto logistico, allora cos’è? La risposta o le risposte possono essere diverse.
Anzitutto chiamarla "distribuzione" è decisamente riduttivo
Cercando su Google "distributori di bevande", in alto nella prima pagina appaiono subito i link sponsorizzati delle vending machine, seguiti subito sotto dal portale italgrob.it (sul quale state leggendo questo articolo) che, grazie alle sue 2,5 milioni di pagine consultate negli ultimi 2 anni, è riuscito a scalare (meno male) le complicate e ardue classifiche dei motori di ricerca, Google in particolare che è il motore più potente e più cliccato (90% degli utenti), praticamente il dominus.
Questo per dire che i computer, le macchine, i programmi super sofisticati e la stessa rete internet "ragionano" seguendo algoritmi che giungendo molte volte a risultati che non corrispondono alla realtà e che confermano, come in questo caso, che il termine "distributore di bevande" è quanto mai riduttivo e non rende la cifra esatta del lavoro che un tale operatore è chiamato realmente a svolgere. Bisogna anche dire che queste "considerazioni" non vengono fatte solo dai computer, ma anche da soggetti in carne ed ossa* che forse non sanno, ma il più delle volte fingono di non sapere, come stanno realmente le cose.
E allora, come stanno le cose? Qual è la funzione del distributore di bevande?
Per cercare una risposta a tale complicata domanda vi racconto una curiosa confidenza che mi ha fatto un amico "cosiddetto distributore".
«Io la notte dormo poco - mi confessa - spesso mi assale un qualcosa, una forza misteriosa, un istinto inspiegabile che mi costringe ad alzarmi e andare in giro per la città. La deformazione professionale poi fa il resto. Gironzolando passo in rassegna i locali dei miei clienti: bar, pizzerie e ristoranti. Lo faccio a turno, quasi come un metronotte. Data l’ora tarda la maggior parte ha già chiuso, tuttavia mi soffermo lo stesso davanti alle saracinesche abbassate e resto in macchina con il motore accesso: solo qualche minuto, però. Mi rendo conto che tale bizzarro esercizio potrebbe far pensare a chi mi vede, che sia vittima di un principio di decadimento celebrale e, in qualche ignavo e sporadico automobilista di passaggio, magari indurre il turpe pensiero che sono lì per chissà quale inconfessabile motivo. Ma sono lì per il mio lavoro… che non mi fa dormire la notte. Fisso la saracinesca chiusa e mi torna in mente l’ultima volta ho parlato direttamente con il mio cliente gestore, rammento quello che mi ha detto, le problematiche del suo lavoro, le sue particolari esigenze. In quel momento è come se lo riascoltassi e cercassi, nel buio della notte, di trovare delle soluzioni alle sue problematiche. Come posso arricchire il suo assortimento? Cosa proporgli per far sì che colga qualche opportunità di consumo in più? Cosa fare per fargli acchiappare qualche nuovo cliente. Se lui lavora meglio, lavoro meglio anch’io. Magari riesce a pagarmi pure con più puntualità. In quel momento non sto facendo il distributore. Cosa sono? Boh! Non lo so. Forse un sognatore… data l’ora! Toc, toc. C’è qualcuno che bussa al finestrino e mi punta in faccia una torcia. È il metronotte che mi dice: “Tutto a posto? Qualche problema?” E ora cosa gli dico? - penso - non posso mica dire che facevo progetti di lavoro ispirato da una saracinesca chiusa! Invece che le forze dell’ordine come minimo chiamerebbe la Neuro. E di corsa pure! "Nessun problema - mi schernisco - è che mi sono fermato un momento, ma sto andando via. Buonanotte". Mentre mi allontano mogio mogio, il metronotte mi lancia un’occhiata sospetta ed ho anche l’impressione che si stia segando il numero di targa. Se risalgono a me e lo comunicano al cliente, cosa potrò mai raccontargli? Che ero lì da lui a quell’ora e parlavo con la sua saracinesca di nuove e incredibili opportunità di lavoro? Il rischio che mi depenni dal suo elenco fornitori è molto alto.
Non ho ancora sonno e continuo il giro. Alcuni locali sono aperti, come un night bar di cui non sono fornitore, mi fermo ed entro. Ordino qualcosa, mi metto in un angolo e osservo. Vedo, studio gli avventori, valuto come e perché si è generata quell’occasione di consumo, mi domando quali altre occasioni di consumo potrebbero essere possibili; come allettare ulteriormente quella gente, cosa potrebbe piacergli, quali altri prodotti e gusti potrebbero essere utili per soddisfare il primordiale bisogno del bere, e soprattutto, del bere in compagnia. Poi mi chiedo come quel locale può fare meglio, cosa può fare di più? Valuto quali prodotti nuovi ed esclusivi potrei fornirgli, quali suggerimenti offrire. Nonostante l’ora assurda i miei neuroni funzionano a meraviglia e mi faccio un’idea molto precisa sul da farsi. Domani, ad una ora più consona, mi presenterò al gestore e gliene parlerò. Lo persuaderò, lo convincerò: non perché gli offrirò di tutto e di più ad un prezzo impossibile, ma semplicemente perché capirà che ho delle idee, ho delle soluzioni, ho delle opportunità. Sarò convincente, lo conquisterò! Riconoscerà che conosco il suo lavoro, conosco il suo mercato e, soprattutto, che sono un suo amico di cui si può fidare. Ma cosa sarò realmente in quel momento? Probabilmente un rompiballe. La constatazione non mi deprime, anzi, mi dà un leggero senso di euforia e torno a casa. Giunge il mattino che non ho chiuso occhio, ma in compenso ho qualche idea in più per il mio lavoro. A proposito mi chiedo: che lavoro faccio? Il nottambulo, il sognatore, l’ideatore di consumi, il creatore di bevande, il miscelatore di emozioni, il rabdomante… il rompiballe? Non lo so! Troppe domande e una sola certezza: non sono solo un distributore». Fine della confidenza.
E allora, cari lettori, dopo questa confessione è lampante che il termine "distributore", per chi si occupa di offrire servizi e opportunità ai gestori dei locali Ho.Re.Ca., è quanto mai riduttivo. Costui, con la crisi che incombe, con il mercato che cambia e per fronteggiare una concorrenza super agguerrita è chiamato, diremmo pure costretto, ad assolvere una pluralità di funzioni se vuole conservare il suo vantaggio competitivo, ad interpretare necessariamente un RUOLO che in fondo gli è sempre appartenuto e che deve tornare a valorizzare, di cui il mercato Ho.Re.Ca. ha vitale bisogno per non appiattirsi su consumi predefiniti e stereotipati. Un mercato che diversamente corre il rischio di smarrire tutte le immense potenzialità che, specie in Italia, e grazie alla sua storia e alla connotazione geografica, è di una ricchezza che non ha pari al mondo.
Ma il cosiddetto distributore è pienamente consapevole di questo suo ruolo?
Di quanto conta e può contare su quel mercato, su quel territorio dove spreme il suo quotidiano e, a volte, anche notturno sudore?
È consapevole di quanto queste sue preziose e recondite valenze sono riconosciute e apprezzate, ad esempio, dai produttori?
È ancora capace di valorizzare a pieno queste peculiari virtù invece di appiattirsi e avvilirsi solo e soltanto sulle dinamiche economiche e di prezzo?
A queste domande, magari, si risponderà in una prossima occasione. In questo articolo si è cercato solo di capire chi fosse realmente il distributore. Mi rendo conto che l’arcano non è stato precisamente svelato e di ciò chiedo venia.
È possibile sono affermare che il "cosiddetto distributore" sta al mercato Ho.Re.Ca. come il parroco sta alla parrocchia. Della serie: non può esserci una parrocchia senza parroco, non può esserci un mercato Ho.Re.Ca, vitale e propositivo, senza un operatore che quel mercato conosce profondamente, nel quale è capace di ascoltare, confessare e dare la comunione, ovvero, di ricercare, leggere, comprendere, far emergere, incentivare e soddisfare tutte le occasioni di consumo presenti e latenti. Con la consapevolezza che su quel mercato lui, prima ancora di vendere un prodotto, vende una relazione, vende la conoscenza che ha dei suoi clienti e del suo territorio, vende - passatemi il concetto - la loro amicizia.
Solo il "cosiddetto distributore" ha questa fondamentale valenza, non può averla nessuna industria, nessuna diretta, nessun multinazionale, nessun mega piattaforma di quelle che hanno di tutto, e niente di preciso, che mandano i loro omini in tuta rigata, i quali giungono a destinazione e senza dire buongiorno né buonasera scaricano, puntano i loro aggeggi sui colli e fanno bip.
Bip è un termine freddo, vuoto e insignificante che stride in un contesto come il mercato Ho.Re.Ca., un mondo che si esprime con un vocabolario infinito che solo il "cosiddetto distributore", o se volete il caro vecchio grossista, potrà raccontare fino in fondo e completamente. Anche se ancora non sa precisamente che mestiere fa.
Giu.RO
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