05 Maggio 2014

Intervista a... Filippo Chlistovskj


Da poco meno di un anno è il direttore del consorzio ADAT, tuttavia, la sua militanza nel mondo del beverage è di più lunga data. La sua prima esperienza, con l’azienda di distribuzione dei Fratelli Menici a Prato, poi sette anni in Sanpellegrino, qualche anno in Coca Cola per tornare a lavorare, nel 2011, nel contesto distributivo entrando nel consorzio ADAT come responsabile dei rapporti con i soci. Nel 2013 la nomina a direttore.

Filippo-Chlistovskj.jpgAllora Filippo, ci dica dei progetti che il consorzio ADAT ha in serbo per il suo futuro?

«Il futuro di ADAT comincia dagli importanti cambiamenti che sono stati recentemente vissuti: l’avvento del nuovo Presidente Franco D’Alessandro, la responsabilità della direzione affidata al sottoscritto e, soprattutto, con l’istituzione delle “commissioni” composte da consiglieri e associati che hanno il compito di valutare e decidere nei loro diversi ambiti. Commissioni che permettono, inoltre, di coinvolgere in modo più diretto e responsabile la nostra base sociale, attraverso un modello partecipativo che ne rafforza lo spirito di gruppo. Il nostro futuro comincia da qui».

I progetti?

«Oltre ad implementare in ogni modo la coesione della base sociale, Adat punta su tre specifiche direttrici:

1 - Ottimizzare i rapporti commerciali con l’industria;

2 - Allargare e rafforzare la politica dei prodotti a marchio che già oggi ci offre buone soddisfazioni;

3 - Ampliare i nostri rapporti ad altri consorzi fra distributori, nello specifico con chi vive e lavora sul nostro stesso contesto territoriale ed è affine alla nostra filosofia di lavoro e magari complementare negli assortimenti».

Prodotti a marchio: non è in fondo una politica che urta gli interessi dell’industria?

«Per nulla, anche perché con l’industria lavoriamo, sono loro i nostri fornitori con i quali condividiamo e condivideremo i diversi assortimenti che contiamo di ampliare anche in settori come vini, prosecco e distillati».

Per un manager come lei, che ha compiuto anche delle significative esperienze nell`industria, è più semplice operare in un consorzio fra distributori di bevande?

«Sono due realtà abbastanza differenti, tuttavia ammetto che conoscere meglio l’industria, in un certo senso, aiuta e facilità il raggiungimento degli obiettivi che ADAT prefigge.

Sarebbero?

«Dialogare con l’industria alla pari e in modo propositivo, aspetti questi per noi fondamentali e che negli ultimi tempi sono un attimino mancati. I soci ADAT devono fronteggiare la concorrenza di almeno otto piattaforme che vengono a distribuire in Toscana. La competizione è possibile solo se riusciamo a dar il massimo valore agli accordi commerciali, a trovare quelle sinergie, quei margini, quelle risorse che possano permettere ai nostri di competere. In altri termini sottoscrivere accordi in linea con il mercato e, soprattutto, farli “lavorare” in modo costruttivo. Una condizione questa che, oltre ai nostri soci, potrà dare valore aggiunto anche all’industria che sposerà questa nostra filosofia, lasciandosi meno incantare e soggiogare dai “volumoni” delle mega piattaforme».

Quali sono, a suo avviso, i punti di debolezza dei consorzi italiani? Dove devono e possono migliorare?

«Il mercato cambia e cambiano le esigenze dei distributori, i consorzi devono avere la forza e il coraggio di riaggiornarsi, rimodellare le loro strategie e trovare nuove soluzioni, magari anche avviando un’innovativa fase di collaborazione interconsortile. Del resto ascoltando e dialogando con i miei colleghi degli altri consorzi dobbiamo più o meno affrontare le medesime problematiche».

Quindi, collaborazione e non competizione.

«Assolutamente collaborazione, la competizione non ci porta da nessuna parte, la coltivazione del proprio orticello appartiene al passato, dobbiamo guardare avanti e avviare quel dialogo sempre più necessario, e insieme trovare soluzioni».

Da questo 2014 ADAT è rientrato in Italgrob. Ci può dire i motivi che hanno determinato questa scelta?

«Se vuoi cambiare, se vuoi incidere, se vuoi dire la tua e contribuire a tutelare gli interessi di una categoria non puoi farlo dal di fuori, ma devi essere nel contesto e nel contesto fare del tuo meglio: è questa la ragione di fondo, è questo il ragionamento che ha fatto il consiglio direttivo di ADAT quando ha deciso di rientrare in Italgrob».

Soddisfatti di quanto fa Italgrob?

«Si può fare di più. La Federazione deve rafforzare la sua mission di sindacato dell’intera categoria e lavorare per portare concreti vantaggi ai suoi associati. Dal nostro canto, come gruppo, daremo quel contributo di idee e il conseguente impegno affinché la Federazione possa fare ancor meglio a favore di chi la sostiene».  

Quale ruolo potranno avere i distributori nello stimolare una ripresa dei consumi? Possono incidere o sono solo degli attori passivi dei cambiamenti in atto?

«I consumi, seppure in calo, in qualche modo si sono stabilizzati e i distributori, seppur con il massimo impegno, non potranno incidere più di tanto se non vengono ripristinate degli equilibri. Ad esempio, il problema grosso riguarda il mercato intermedio, quello distributivo; un mercato che resta comunque caotico, in preda agli umori commerciale dell’industria e alla bulimia delle piattaforme distributive. Una situazione che penalizza di fatto i nostri grossisti, che al di là dei prodotti devono anche fornire servizi come assistenza agli impianti, consegne su misura, a volte anche fuori orario e, soprattutto, a credito. Servizi essenziali che distinguono il distributore, ma che il caos commerciale presente sul mercato non consente di valorizzare adeguatamente».

La ricetta magica per uscire dalla crisi?

«Non esistono ricette magiche. Per quanto riguarda i distributori occorrono coesione e condivisione, con la consapevolezza e la pazienza che i tempi di ripresa non saranno brevi e che, nonostante il massimo impegno, la ripresa non dipenderà sono da loro, cioè da noi. Ma noi la nostra parte la faremo, fino in fondo, come sempre».

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