14 Maggio 2014

Intervista a... Laura Cavazzini


Cavazzini80.jpgDistribuzione, competizione, crisi e futuro dei distributori: ne parliamo con Laura Cavazzini, Amministratore Delegato della Cavazzini Spa, storica azienda di distribuzione bevande emiliana che proprio quest`anno compie 80 anni… ma non li dimostra per nulla!

Laura-Cavazzini.jpgUltimamente si è innescata la querelle intono all`identità del distributore: semplice consegnatario o elemento centrale della filiera chiamato a svolgere compiti vari e delicati? Lei cosa ne pensa, in una parola, come lo definirebbe. Chi è esattamente il distributore?

«Ritengo il distributore un elemento centrale della filiera. Se ci riduciamo a semplici consegnatari la nostra vita sarà brevissima. Le nostre aziende sono aziende di servizi. Uso la parola “servizi” al plurale perché sono molteplici gli aspetti che dobbiamo affrontare quando ci relazioniamo con un cliente: svolgiamo attività di formazione, corsi spillatura, definizione dell’assortimento più adatto al locale, abbinamenti cibi/beverage; alla fine siamo anche consegnatari. È l’ultimo passaggio. Dobbiamo essere sempre attenti a comprendere le esigenze del cliente, a soddisfarle e, cosa molto importante, dobbiamo far percepire al cliente il valore di quanto offriamo e non il semplice prezzo di un prodotto. Oltretutto, la centralità del distributore è avvalorata dalla conoscenza del territorio. È il distributore il soggetto che meglio conosce la realtà e lo stato di salute dei PDC della sua zona e questo è un elemento di fondamentale importanza anche nei suoi rapporti con l`industria». 

La competizione in un mercato come quello Ho.Re.Ca., sempre più evoluto e complesso, non può prescindere da una preparazione assoluta: competenza, conoscenza, quindi, formazione a tutti i livelli. Secondo lei la categoria ha questa preparazione, o quanto meno, è pronta per approcciarsi con la giusta mentalità e volontà?

«Il detto: “chi si ferma è perduto” rappresenta la realtà e deve essere per noi un monito importante. Non si può pensare di lavorare oggi come facevamo 10 anni fa. Spesso le nostre organizzazioni sono frutto della consuetudine, ma il salto di qualità si ha quando l’imprenditore per primo capisce che deve crescere, aggiornarsi, confrontarsi, condividere idee e insieme a lui deve crescere in modo equilibrato tutta l’azienda. L’approccio sta cambiando. Le iniziative non mancano. Come consorzio ADB abbiamo partecipato ad una due giorni formativa per gli imprenditori con il prof. Pellegrini dell’Università di Parma che ha riscosso tra i soci molto successo e che ci ha dato spunti di riflessione significativi. Italgrob con l’Ho.Re.Ca. Distech punta alle nuove generazioni e con l’IHM aumentano le possibilità di confronto tra distributori e tra distributori e industria.

Crisi dei consumi: cosa può fare, se può fare, il distributore Ho.Re.Ca. per contribuire al rilancio del sistema? Può essere il driver del mercato (come lo era un tempo quando era lui a creare un mercato per un determinato brand), o è solo costretto a subire le pianificazioni commerciali stereotipate delle grandi industrie?

«Sul livello dei consumi non penso che il distributore possa fare più di tanto. È compito del distributore, invece, aiutare i propri clienti ad attrarre presso il proprio PDV il consumatore finale attraverso un’offerta di prodotti mirata e di qualità, serviti in maniera corretta».

Cosa ne pensa Laura Cavazzini dei cosiddetti ribaltatori? 

«La parola “ribaltatori” non mi piace, sembra dispregiativa. Preferisco definirli “re-distributori”. Soddisfano le lacune distributive presenti sul mercato nazionale con strutture spesso molto efficienti. Mi piacerebbe, però, che questa domanda venisse  girata ai responsabili vendite dell’industria. Nei rapporti industria/distribuzione si parla molto della centralità nella filiera dell’operatore del beverage “tradizionale”, della partnership, dell’orientamento al sell out; tuttavia, noto che queste affermazioni passano in secondo piano quando ha il sopravvento la logica del sell in, soprattutto a fine mese/trimestre/anno».

Secondo lei, nella filiera Ho.Re.Ca., la parola "etica" ha un significato? In altri termini può rappresentare un valore interessante? Chi dovrebbe promuoverla, come si potrebbe applicare?

«L’etica è un valore importantissimo in tutta la nostra vita e non solo nella filiera Ho.Re.Ca.. In situazioni di mercato tese aumentano i comportamenti irrazionali degli operatori che sminuiscono il lavoro della categoria e il valore dei prodotti. Sicuramente, a livello generale, la nostra associazione dovrebbe promuovere la concorrenza leale mentre i fornitori dovrebbero tutelare chi opera sul mercato in modo corretto».

A parte le difficoltà di incasso che coinvolgono un po` tutti, qual è il problema più grosso che affligge la categoria? Come si risolve?

«Penso che il problema più urgente e gravoso delle nostre aziende sia la situazione finanziaria. Paradossalmente l’entrata in vigore dell’art. 62 ci ha penalizzato in quanto i fornitori lo applicano puntualmente mentre i nostri clienti non ne riconoscono neppure la validità! Tutta la filiera, dovrebbe compiere uno sforzo comune per trovare una soluzione».

Lei ritiene che i produttori (mi riferisco quantomeno alle multinazionali) applichino in assoluto le migliori condizioni commerciali ai grossisti italiani indipendenti? Perché questi operatori, che pur coprono più del 50% del mercato, non riescono a far valere le loro ragioni? Sono una forza, ma sono una forza divisa?

«Se rapportiamo le nostre condizioni commerciali a quelle della GD/DO sicuramente abbiamo ancora tanta strada da fare. L’industria si giustifica con l’argomentazione della filiera lunga e con maggiori investimenti in termini di promoter, sell out e materiale pop ma siamo sicuri che tutti questi loro investimenti studiati in sede a tavolino, portino effettivi benefici di lungo termine solo in casa del grossista? Quante volte portiamo un vassoio o un bicchiere marchiato e al momento del riordino il nostro cliente va al cash? Non sarebbe il caso di imputare il conto economico di questi investimenti sul prodotto e NON SOLO sul nostro canale visto che ormai l`esercente può acquistare ovunque la quasi totalità dei prodotti? Noi siamo una forza! Abbiamo dalla nostra la conoscenza approfondita del territorio, le nostre competenze, il nostro servizio. Dobbiamo essere in grado valorizzare tutte queste nostre positività con i fornitori».

Cosa possono e devono fare di più e di meglio i consorzi Italiani per tutelare la categoria, promuovere il ruolo dell`ingrosso, dare prospettiva ai propri associati?

«Anche i consorzi stanno crescendo. Il consorzio deve offrire ai propri soci servizi di consulenza, formazione, condivisione, confronto tra soci e con l’industria; oltre naturalmente ad accordi quadro commerciali. I singoli associati, dal canto loro, devono uscire dalle logiche di egoismo, invidie, gelosie e preconcetti che hanno sempre contraddistinto la nostra categoria ed iniziare a confrontarsi in modo costruttivo su problemi concreti. Questo deve avvenire anche a livello di consorzi; un buon punto di partenza, in questo senso, mi sembra il tavolo tecnico di Italgrob a cui partecipano i direttori dei consorzi federati. E con questo concetto mi riallaccio alla domanda precedente: più la categoria dei distributori sarà in grado di mostrarsi unita, più sarà in grado di migliorare le proprie condizioni commerciali».

Parliamo della Federazione Italgrob: quali sono le iniziative che suggerirebbe per rafforzare il suo ruolo sindacale?

«Alcuni punti mi stanno a cuore e andrebbero affrontati per portare benefici reali alla categoria: la definizione nelle sedi istituzionali appropriate dell’applicazione reale dell’art. 62, la battaglia contro l’acqua del sindaco, ma soprattutto contro le caraffe dei pubblici esercizi, un progetto di valorizzazione ed incentivazione dell’utilizzo del vetro a rendere e di formati dedicati esclusivamente all’Ho.Re.Ca., la riduzione della pressione fiscale. Il nostro settore dà lavoro a migliaia di persone: dobbiamo cercare di tutelarlo a livello nazionale».

Ognuno è artefice del proprio futuro, ritiene che i distributori di bevande sapranno essere artefici del loro?

«Ognuno di noi deve avere la consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza in modo da poter governare il mercato e non esserne travolto. Chi si lamenta per abitudine dovrebbe utilizzare il suo tempo per guardare internamente alla propria azienda e reagire. Dobbiamo aumentare il livello della nostra professionalità e di quella dei nostri collaboratori per riuscire a affrontare, in modo corretto, le situazioni critiche e per modernizzare ed elevare la qualità del lavoro delle nostre aziende. Questo unito alla passione, alla dedizione e allo spirito di sacrificio, che sono nel DNA dei distributori di bevande, ci consentirà di guardare al futuro in modo ottimistico».

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