26 Maggio 2014

Intervista a... Luigino Lorenzoni


In questo spazio intervista abbiamo il piacere di ospitare Luigino Lorenzoni, un distributore di grande esperienza e con una chiarissima “vision” sul mondo nel quale opera. Luigi, insieme al fratello Massimo, conduce la Lorenzoni srl che opera nelle provincie di Rieti, Terni, Viterbo e Roma; un’azienda dinamica e gestita con quella speciale “filosofia” che Luigino Lorenzoni racconta in questa intervista.

(Nella foto in basso Massimo e Luigi Lorenzoni)

Fratelli-Lorenzoni.jpgAllora Lorenzoni, partiamo dalle difficoltà che il mercato presenta, dell’evoluzione in atto e dal fatto che tutto diventa sempre più complicato e competitivo. In questa situazione, il distributore indipendente ha ancora delle chance? A suo avviso, quali scelte deve attuare per poter ancora essere un operatore vincente?

«Certo che abbiamo ancora delle chance, ci mancherebbe altro! A patto però che non si compia la scelta suicida di lavorare solo e soltanto in funzione del prezzo di vendita. In un mercato ormai globalizzato, dove tutti fanno tutto e vendono di tutto, sarebbe troppo banale, oltre che letale per chi come noi ha una missione ben precisa e decisamente importante da compiere».

Quale missione?  

«Un distributore, per come lo intendo io, prima di vendere un prodotto vende una relazione, prima di piazzare una bottiglia comunica i suoi valori. Quello che bisogna assolutamente fare è comunicare al meglio le proprie valenze e le qualità, e farlo anzitutto con i propri clienti».

Quindi, puntare sul patrimonio clienti?

«Ha detto bene: patrimonio che dobbiamo gelosamente custodire e tenerci ben stretto. Con i clienti, che sono i nostri naturali interlocutori, non possiamo permetterci di essere superficiali, ma abbiamo il dovere di porre sempre il massimo dell’attenzione anche ai particolari, far sentire loro addosso la considerazione, comunicare e trasmettere valori, a cominciare da quello umano, fargli capire che siamo sintonizzati con loro, che abbiamo coscienza e comprensione e che siamo in grado di soddisfare i bisogni più veri: la vendita viene dopo, come naturale conseguenza».

È questa la filosofia commerciale che applica la sua azienda?

«Sì. E lo faccio da sempre, sin dagli anni ‘70 quando, con i miei vent’anni, andavo instancabilmente in giro con il furgoncino a conquistare i primi clienti. Da allora molto è cambiato, ma certi principi, per quanto mi riguarda, sono rimasti intatti e ho sempre il piacere di comunicarli ai miei ragazzi (venditori). A loro amo ripetere che un buon venditore deve essere capace di stabilire un sodalizio con il cliente al quale, in primis, deve vendere se stesso, poi vendere l’azienda che rappresenta e, infine, il prodotto. Se si rispetta questa scala di valori si stabilisce quello speciale rapporto di fiducia che rappresenta appunto quel patrimonio di cui prima si parlava.  E allora, se valorizzeremo questo patrimonio, se impareremo a “comunicarlo”, daremo ancora più valore al nostro ruolo e il futuro per i distributori di bevande potrà essere meno complicato».

Quali le strategie, gli strumenti e le azioni del distributore per presidiare al meglio il proprio territorio? 

«Il distributore ha una grande fortuna: vive, fatica, suda, soffre e gode nel suo territorio: ciò lo porta a conoscerlo come le sue tasche. E non mi riferisco solo alla conoscenza della clientela, ma anche alla conoscenza di quelle “eccellenze” che quel territorio è capace di produrre: vini, oli o altri prodotti gastronomici di grande tradizione e qualità. Prodotti che hanno una storia, una precisa e forte identità, quindi, sono capaci di emozionare e creare valore. Per quanto mi riguarda presidiare il territorio significa anche “scovare” queste eccellenze, comunicarle e proporle alla ristorazione, e attraverso questa offerta esclusiva, fidelizzarla. In questo modo si dà anche un bel contributo alla promozione del territorio e allo sviluppo turistico. Questo a mio avviso è il compito primario che spetta al distributore, compito che nella Lorenzoni è il primo e irrinunciabile comandamento».

Lei ha una vasta e profonda conoscenza del settore: a suo avviso, la categoria è pronta per affrontare i cambiamenti?

«Se siamo ancora sul mercato, se resistiamo, vuole dire che siamo capaci di affrontare i cambiamenti. Però, come categoria, dobbiamo avere più coraggio nel cambiar pelle e avere meno nostalgia del passato, delle “concessioni”, dei bei tempi nei quali tutto filava liscio. Il futuro ci riserva sfide più complesse che dobbiamo affrontare con strumenti più moderni, puntare sulla capacità di comunicare i nostri valori ed essere sempre tenaci e propositivi; virtù, queste, che alla categoria non sono mai mancate».

Rapporti con l’industria: la crisi e la necessità di fare volumi e vendite, “quasi” a tutti i costi, spinge i produttori (alcuni) a compiere scelte commerciali che spesso minano gli storici rapporti con il “grossista”. Ma, secondo lei, l’industria crede ancora nel distributore indipendente?

«Io dico che l’industria non può non credere nel distributore, nel senso che non può trascurare a cuor leggero un mercato come quello dell’Ho.Re.Ca.. Con l’industria, però, nel rispetto dei ruoli, dobbiamo ragionare e confrontarci da partner, convincerli che il canale Ho.Re.Ca. è, e resta ancora, una grande opportunità, ma devono pensarlo in modo propositivo, lanciando prodotti dedicati al canale, valorizzando il rapporto con i distributori, magari dandogli in esclusiva i prodotti alla spina. Ovviamente, anche il distributore deve essere allineato, implementare gli impianti di proprietà, proporre un servizio di qualità. Se ci proponiamo per intraprendere un percorso di qualità, con una chiara visione del mercato e di quanto si deve fare, sono certo che i produttori torneranno a fare quelle scelte commerciali che ci attendiamo».

Annotiamo che la Lorenzoni srl ha compiuto importanti investimenti per la commercializzazione di prodotti a marchio. Può essere un percorso da seguire per chi si occupa di distribuzione? Non c’è il rischio che si entra in rotta di collisione con i produttori?

«Per quanto ci riguarda nessuna collisione, nel modo più assoluto. Il nostro progetto di prodotti a marchio si fonda su principi, per così dire, “artigianali”. Come dicevo prima, “scoviamo” le eccellenze del nostro territorio (l’antica Terra Etrusca, per intenderci), recuperiamo le storie che naturalmente contengono e li proponiamo in esclusiva. Il nostro primo obiettivo è raccontare queste storie, questa civiltà del gusto che è anche uno straordinario strumento di vendita, il resto poi viene da sè. Quando unisci qualità ed esclusività il cliente apprezza. Ad esempio, la linea “Il Ratto delle Sabine”, uno dei nostri vanti, è un olio D.O.P. biologico che proviene da un cultivar ubicato ad 800 metri di altitudine. Il suo gusto è qualcosa che non si può descrivere. Stesso discorso per la nostra selezione di vini che abbiamo griffato con il logo “Goriano”, che deriva dall’antico palazzo Gori, sede di un museo etrusco. Anche per quanto riguarda la birra ci proponiamo con gli stessi valori, ne abbiamo due di grandissima qualità: la “Magalotti”, prodotta a Terni da una ricetta del 1846 e la “36”, una puro malto che la Menabrea produce in esclusiva per la Lorenzoni».

Bene passiamo a qualche domanda per così dire politica: consorzio, quale futuro, competenze, compiti e ruolo?

«Il consorzio è, e resta, fondamentale per il distributore, per tantissimi motivi: in primis perché consente un confronto fra colleghi, attraverso il quale possono nascere idee e strategie per migliorare. Poi, al di là del ruolo commerciale, ha il compito, anzi, direi il dovere di incidere sulla crescita professionale della categoria e compattarla. Deve, inoltre, torno a ripeterlo, agire con la comunicazione, perseguendo un obiettivo d’identità unitaria che non potrà che rafforzarla. Se noi distributori arriveremo a sentirci “categoria” forte e coesa, potremo senz’altro giocare al meglio la nostra partita e conservare il nostro ruolo al centro della filiera».

Da qualche mese lei è un componente dell’Assemblea Italgrob. Dopo le prime riunioni, che idea si è fatta della Federazione? Quali, a suo avviso, i compiti nei quali può e deve maggiormente incidere?

«Anzitutto, vorrei ringraziare ADAT che mi ha delegato a rappresentarla in Assemblea. Apprezzo molto quanto la Federazione sta realizzando, come ad esempio la manifestazione International Horeca Meeting che reputo un evento straordinario. Il mio impegno, in seno all’Assemblea, sarà quello di rafforzare il suo ruolo sindacale cercando, anche attraverso le mie personali conoscenze, di intavolare con gli organi istituzionali percorsi legislativi che possano portare concreti vantaggi alla nostra categoria».

A cosa di riferisce?

«Mi riferisco al “vuoto a rendere”. Attenzione! Non “vetro”, ma “vuoto” in senso generico. Sono convinto che i distributori di bevande, se messi nelle condizioni di trattare in maniera conveniente il “vuoto a rendere”, potranno dare uno decisivo contributo al problema dello smaltimento rifiuti; basti pensare che “teoricamente” tutte le bevande che si consumano nel mercato Ho.Re.Ca. possono essere fornite in vuoti a rendere. I benefici sarebbero a tutti i livelli: per noi distributori che avremmo un assortimento esclusivo, per i gestori che, utilizzando tali prodotti, potrebbero avere dei benefici come, ad esempio, sgravi sul pagamento delle imposte, e poi un grande guadagno anche per il nostro ambiente. Il distributore in questo modo avrebbe anche una valenza sociale che ne rafforzerebbe ancora più il suo ruolo».

Sembra un sogno ad occhi aperti…

«Probabilmente, ma come diceva Nelson Mandela: “Un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso”. E io non mi arrendo: nel portare avanti il mio impegno in Federazione ci metterò dentro umiltà, tenacia e spirito di servizio; per me sarà un piacere farlo a favore della categoria alla quale ho l’onore di appartenere».

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