10 Giugno 2016

I canali di approvvigionamento nelle politiche di acquisto dei gestori


Come riportato nell`ultimo rapporto di TradeLab sul mondo dell`ingrosso (Linea Gross), il valore del mercato italiano degli acquisti food&beverage effettuati da bar e ristoranti è pari a 14 miliardi di euro, pari al 65% del totale valore del sell-in dei pubblici esercizi. Sono esclusi gli hotel, per i quali TradeLab stima un valore degli approvvigionamenti che, per le sole unità oltre le 3 stelle, risulta pari a 1,3 miliardi di euro.

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I pubblici esercizi confermano un’elevata propensione alla multicanalità di acquisto: in media un gestore utilizza 3 differenti canali - tra ingrosso, cash&carry (C&C), diretta del produttore, dettaglio tradizionale e mercati generali - e ha relazioni con oltre 7 fornitori, tra cui quasi 5 grossisti e più di un’insegna di cash&carry.

I grossisti sono la principale fonte di approvvigionamento: sono utilizzati da 9 gestori su 10 e detengono una quota pari al 54,6% del totale valore degli acquisti di food&beverage. I cash&carry sono il secondo canale e rispondono del 17,3% del totale valore degli acquisti di bar e ristoranti e sono utilizzati da oltre il 70% dei gestori. Terzo canale, in termini di quota, è la diretta del produttore (15,7%). Non trascurabile la quota della grande distribuzione organizzata (GDO, 7,3% ). Di minore rilevanza le quote del dettaglio tradizionale (3,1%) e dei mercati generali (2,0%).

Con riferimento alle differenti aree geografiche, è interessante osservare che, spostandosi da Nord verso Sud, il cash&carry perde quote a favore dei grossisti. La maggiore difficoltà del cash&carry a sviluppare quote rilevanti nel mercato dei consumi fuori casa nel Sud Italia è probabilmente da ricondurre sia a strategie dell’offerta, sia a comportamenti della domanda. In particolare, i cash&carry del Sud hanno una politica meno orientata alla clientela Away From Home e hanno mantenuto la loro natura storica di fornitori del dettaglio tradizionale, e, al contempo, i gestori dei punti di consumo hanno abitudini consolidate a utilizzare il servizio di consegna offerto dai grossisti.

Con riferimento alle differenti tipologie di punti di consumo e di segmenti emergono comportamenti abbastanza simili, sia pur con delle non trascurabili differenze:

  • i bar concentrano una quota di acquisti superiore presso i grossisti, a svantaggio del C&C, del dettaglio tradizionale e dei mercati generali. Tale dato appare condizionato dall’elevato peso che il beverage (comparto presidiato dai grossisti drink) ha sul fatturato dei bar. Maggiore è anche la quota di acquisti che i baristi fanno, rispetto ai ristoratori, presso la GDO. È probabile che i gestori di bar siano favoriti in questo atteggiamento da volumi di acquisto inferiori e da una maggiore attenzione al fattore di prossimità.
  • i ristoranti concentrano quote di acquisto superiori presso il C&C, il dettaglio alimentare tradizionale e i mercati generali, dove effettuano un quota rilevante di acquisti del settore freschissimo.
  • Il maggiore peso del cash&carry nei processi di approvvigionamento dei ristoranti rispetto ai bar appare condizionato da diversi fenomeni:
  • la maggiore possibilità per i gestori dei C&C di utilizzare momenti di “morbida” dell’attività (tipicamente, la mattina presto o la pausa pomeridiana) per recarsi presso i punti di vendita;
  • la maggiore incidenza dei prodotti food e, in particolare, dei freschissimi che favoriscono la ricerca di soluzioni self-service che consentano ai gestori di “toccare con mano” la qualità dei prodotti.

In termini evolutivi, è opportuno sottolineare come il cash&carry sia l’unico canale, insieme alla GDO, ad aver incrementato la propria quota di oltre 3 punti percentuali, passando dal 14,2% al 17,3%, a discapito prevalentemente del mondo dell’ingrosso. In particolare, sono i gestori di bar ad aver incrementato i propri acquisti presso i cash&carry.

Il ruolo dei canali di approvvigionamento cambia in modo significativo in relazione alla comparto merceologico:

  • Bevande: forte presidio del mondo dell’ingrosso sia indipendente che, in particolare, organizzato/integrato, con eccezione per la categoria del vino per la quale appaiono consistenti le quote intermediate direttamente dai produttori (cantine e viticoltori). Per questa categoria merceologica, dall’elevato valore segnaletico, diviene rilevante il tema dei conflitti di canale (i gestori tendono a non referenziare prodotti presenti nei canali consumer).
  • Grocery e snack: anche per questo comparto si evidenzia un ruolo importante dell’ingrosso con alcune “incursioni” di produttori e cash&carry su specifiche categorie di prodotto. Il caffè, che nella grande maggioranza dei casi è acquistato direttamente dal torrefattore, spesso locale, e il mondo degli snack e dei pastigliaggi, dove due importanti produttori nazionali (Perfetti e Ferrero) giocano un ruolo rilevante nella diretta. Acquisti significativi sono, invece, fatti presso i cash&carry per le categorie di base come: farina, pasta, riso e condimenti e conserve.
  • Surgelati: è un comparto presidiato dall’ingrosso (ad eccezione dei gelati acquistati in diretta tramite concessionari), nel quale il cash&carry gioca un ruolo importante in particolare per la categoria della carne e delle verdure.
  • Fresco e freschissimo: sono comparti per i quali si assiste a maggiori livelli di competizione tra intermediari e a un ruolo crescente del dettaglio tradizionale e dei mercati generali.

L’analisi per tipo di intermediario evidenzia i differenti ruoli giocati nel mercato dei consumi fuori casa da questi operatori:

  • Ingrosso: canale con le quote maggiori, che presidia in modo particolare il comparto delle bevande (alcoliche ed analcoliche ad eccezione del vino) e dei surgelati, ma che ha quote numeriche e ponderate ragguardevoli anche in tutte le categorie merceologiche;
  • Cash&Carry: il ruolo giocato dal C&C negli approvvigionamenti dei pubblici esercizi cambia notevolmente per comparto e categoria merceologica, sia in termini di numerica sia di ponderata. Tali differenze appaiono, in parte, legate alle caratteristiche intrinseche dei prodotti (shelf life, qualità prodotti, dimensione dei prodotti, ...) e, in parte, connesse ai differenti livelli di intensità della concorrenza esercitata dagli altri intermediari. Le categorie merceologiche per le quali il cash&carry risponde di quote maggiori sono: i surgelati di carne e pesce, i condimenti e le conserve, i superalcolici e la carne fresca a libero servizio.

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