Il futuro dell’economia Europea sarà circolare: su questo nessuno nutre più alcun dubbio, in Italia in particolar modo che, dopo essersi lasciata alle spalle le stagioni caratterizzate dalle gravi emergenze di rifiuti, può oggi mettere in campo diverse esperienze leader a livello internazionale.
Nella foto da sinistra: Francesco Ferrante - Vice presidente Kyoto club, Dino di Marino - Direttore Generale Italgrob, Stefano Ciafani - Direttore generale Legambiente.
La Circular Economy, assunta dall’Europa a modello di sviluppo si prefigge non solo di ridurre i rifiuti e proteggere l’ambiente, ma soprattutto di attuare una profonda trasformazione dello stesso processo economico, circostanze queste che potranno offrire al nostro Paese anche un’irripetibile opportunità occupazionale. Vero infatti è che, al netto dei posti persi a causa del superamento del modello produttivo precedente, sarebbero circa 200mila, secondo una stima prudenziale, i nuovi posti di lavoro che emergerebbero facendo leva sulle attività di riciclo e rigenerazione, sulla bioeconomia, sull’innovazione nell’industria alimentare, chimica, farmaceutica e biotecnologica, e soprattutto sul recupero dei prodotti confezionati di largo consumo. Ed è proprio sul fattore riuse che entrano in gioco il ruolo e la funzione dei distributori di bevande che, nell’implementazione delle vendite di bevande in vuoto a rendere e del loro contestuale riuso, potranno offrire un concreto contributo allo sviluppo di un processo virtuoso, allo stesso tempo consolidare il proprio business e diventare protagonisti dell’economia futura.
Un compito decisivo quindi, oltretutto ben noto a quelle Istituzioni e Associazioni che promuovono la Circular Economy, motivo per il quale la Federazione ITALGROB è stata invitata, a pieno titolo parte, alla terza Conferenza nazionale sui rifiuti, che si è tenuta a Roma il 21-22-23 Giugno presso la Casa del Cinema. Il forum, nel quale si sono incontrati e confrontati esperti di settore, rappresentanti di aziende, istituzioni e giornalisti specializzati, è stato organizzato da Legambiente, Editoriale La Nuova Ecologia e Kyoto Club in partenariato con il COOU, il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati. La kermesse ha passato in rassegna i protagonisti della Circular Economy italiana e messo a confronto le più innovative iniziative imprenditoriali e gli enti locali più virtuosi con i rappresentanti delle istituzioni nazionali.
La sessione che ha coinvolto la Federazione Italgrob, rappresentata per l’occasione dal direttore Generale Dino Di Marino, s’è tenuta il 21 Giugno con il tema: Rifiuti in mare, in agricoltura e vuoto a rendere: le novità del collegato ambientale. Moderata da Sergio Ferraris Direttore QualEnergia, oltre a Dino Di Marino sono intervenuti, Andrea Fluttero Responsabile Relazioni Istituzionali Cascina Pulita e Giorgio Zampetti Responsabile Scientifico Legambiente. Nel suo intervento Di Marino ha presentato una serie di dati elaborati dal Centro Studi Italgrob su fonti fornite dal consorzio CDA. Dati che attestano che il distributore di bevande italiano è già un attore di primissimo piano del sistema del riuse, considerando che gestisce nella quasi totalità (90%) le 200 mila tonnellate di imballaggi in vetro indirizzati attraverso il canale dei distributori. Dato questo stimato dal Co.Re.Ve (Consorzio Recupero Vetro) ma che rappresenta solo il 9% degli imballaggi in vetro immessi al consumo.
Sempre dai dati ITALGROB è emerso che attualmente il 16% dei prodotti commercializzati dai distributore di bevande sono in vuoto a rendere. Pertanto, ha precisato Di Marino, il nostro distributore di bevande svolge già una puntuale funzione ecologica, ha mezzi e know-how per apportare tutte le migliorie necessarie al processo di riuse e soprattutto, come dimostrano i dati, relativamente ai prodotti in vuoto a rendere, ha notevoli margini di crescita. Una buona pratica, ha tenuto a ribadire il Direttore Generale, che potrà essere perseguita ed implementata se incentivata nel modo più opportuno e soprattutto dando ai distributori italiani un sostanziale riconoscimento per la strategica funzione che già svolgono e che sono chiamati assolvere nel contesto dell’economia circolare.
Alcuni numeri dell’economia circolare
L’uso efficiente delle risorse è uno dei principali fattori di competitività delle imprese, considerato che il 40% dei costi che il settore manifatturiero europeo mediamente sostiene è attribuibile alle materie prime, una quota che con i costi dell’acqua e dell’energia arriva fino al 50% del costo di fabbricazione, rispetto al 20% attribuibile al costo del lavoro. Per questa ragione, è indispensabile aumentare almeno del 30% entro il 2030 la produttività delle risorse, misurata in base al rapporto tra PIL e consumo di materie prime. La prevenzione dei rifiuti, la rigenerazione, la riparazione e il riciclaggio possono generare risparmi netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, ossia l`8% del fatturato annuo, riducendo nel contempo l`emissione di gas serra del 2-4% (Valutazione d’impatto della Commissione del luglio 2014). Sarebbero circa 200mila, secondo una stima prudenziale, i nuovi posti di lavoro che emergerebbero facendo leva sulle attività di riciclo e rigenerazione, sulla bioeconomia, sull’innovazione nell’industria alimentare, chimica, farmaceutica e biotecnologica, e soprattutto sul recupero dei prodotti confezionati di largo consumo. Altre stime parlano di 400mila nuovi posti di lavoro in Europa, che si creerebbero grazie all’applicazione rigorosa dell’attuale legislazione sui rifiuti e altri 180mila verrebbero dall’applicazione del pacchetto sull’economia circolare del luglio 2014 (Valutazione d’impatto della Commissione Europea al 2030), mentre per lo stesso orizzonte temporale, uno studio del settembre 2015 dell’Ong britannica Wrap, ipotizzerebbe addirittura 3 milioni di nuovi posti di lavoro tra diretti e indotto. Ciò che è certo, è che un’economia più attenta all’uso delle risorse genererebbe benefici sostanziali non solo in termini economici, ma anche occupazionali e ambientali.
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