In tutti questi giorni terribili abbiamo assistito esterrefatti ad accadimenti che segneranno la nostra epoca. Certamente la crisi sanitaria ha rappresentato l’aspetto di maggior angoscia e dolore di questo triste fenomeno, ma al di là dei drammi umani che il Covid-19 ha provocato, e che speriamo ci siamo lasciati alle spalle, non meno drammatica è la situazione economica che la pandemia ha provocato, in special modo nel canale Horeca con un lockdown durato oltre 70 lunghissimi giorni e una Fase 2 piena di incertezze e di timori dove, sempre in riferimento al canale Horeca, a fronte di maggiori costi di gestione per gli adempimenti dei protocolli sanitari, si dovrà fare in conti con vendite ridotte almeno della metà.
La realtà, amara, è sotto gli occhi di tutti, dopo mesi di gravi difficoltà i consumi stentano a ripartire e la liquidità nella filiera è praticamente azzerata. Dal 18 maggio hanno riaperto solo il 70% dei locali e quelli che hanno aperto sono sotto di almeno il 50% sulla media incassi dello scorso anno.
Decreto Cura Italia, e poi Decreto Liquidità e poi Decreto Rilancio, in questo momento sono solo buone intenzioni. Un dato su tutti, ed è dell’autorevole Centro Studi FIPE: di quel 65,1% di pubblici esercizi che ha chiesto il famoso prestito garantito dallo Stato, solo il 56,8% lo ha ottenuto. Praticamente, quasi nessuno.
Come può ripartire il mercato Horeca in queste condizioni? Come ridare fiducia a un sistema? Come fare squadra in un momento così difficile?
Non è possibile, non è giusto, che sia nuovamente il distributore Horeca a farsi carico di questa emergenza, il quale è già in estrema difficoltà per i mancati incassi pregressi al lockdown, ed ora è costretto a sostenere anche la ripartenza dei locali. Questa categoria di “invisibili” è solo buona e visibile quando deve concedere credito.
Alla luce di queste verità, consentitemi uno sfogo e una denuncia: è del tutto sconveniente da parte dei produttori, a monte della filiera, pretendere dai distributori rientri tassativi o pagamenti anticipati, pena non consegna dei prodotti. A volte si ha l’impressione che questi produttori vivano in un altro mondo, che forse non hanno ben compreso la gravità dell’accaduto, che ritengono ancora di essere i dominus del mercato, quando invece il mercato è moribondo. Cosa sperano di ottenere facendo deperire ulteriormente il mercato?
Ora o mai più, il settore va aiutato a riprendersi, ma per farlo è necessario che tutti contribuiscano a fare la loro parte. Gli operatori della distribuzione come non mai si sono mobilitati, per loro il pubblico esercizio, il gestore, è il bene più prezioso e lo aiutano (da sempre) in ogni modo: credito, vicinanza, assistenza, consulenza. La cooperazione e la disponibilità sono nella storia e nel DNA di questa categoria. Per loro nessun locale, nessun gestore deve restare indietro, perché sanno che anche il più piccolo locale dà lavoro anche ad una sola famiglia, ma dal lavoro, parliamo quindi non solo di economia, ma anche di un risvolto sociale. Ma da soli, i nostri distributori, non possono fare molto di fronte ai disastri che il Coronavirus ha provocato.
Dalla crisi si esce tutti insieme, è bene che lo capiscano anche quei produttori che invece disattendono agli impegni presi, delle diverse moratorie concesse non appena la crisi si manifestò e oggi cambiano le carte in tavola e pretendono pagamenti sull’unghia. Ma sbagliano, lasciatemelo dire, se non si trova il modo di essere più elastici di comprendere che il distributore è quel volano che permetterà a questo mercato di poter ripartire, fra poco non resteranno neanche le unghia.
È bene che ci facciamo tutti convinti, da questo sprofondo, ripeto, si esce tutti insieme o non se ne esce per nulla.
Dino Di Marino
Direttore Generale Italgrob
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