10 Luglio 2020

Borriello (ISMEA): «Nel 2020 l`Horeca perderà 24 mld di fatturato»


Borriello (ISMEA): «Nel 2020 l`Horeca perderà 24 mld di fatturato»

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«Durante i mesi di chiusura - precisa Raffele Borriello, direttore generale di Ismea - i consumi extradomestici, che valevano 86 miliardi di euro pre-Covid, sono diminuiti del 40% e solo in parte sono stati compensati dai consumi domestici. Considerando tutte le compensazioni del caso, stimiamo che, a fine anno, il calo di fatturato dell’Horeca si assesterà intorno ai 24 miliardi di euro trascinandosi dietro tutto l’indotto».


«Per le imprese - ha ribadito Borriello - restano sempre operativi gli strumenti già esistenti come le garanzie e la cambiale agraria. Strumenti che saranno rafforzati per quelle filiere che partivano già in svantaggio prima del Covid, come quella della frutta colpita dalla cimice asiatica e dalla maculatura bruna, che ha in partenza forti problemi di liquidità. Una grossa parte del danno per il settore ortofrutticolo, legato alla chiusura dell’Horeca, dipende dal canale delle mense che rappresenta un bacino importante per molti produttori. Non sappiamo se tutte le tendenze sviluppate durante l’emergenza - chiosa Borriello - come, a titolo esemplificativo, il cambio dei modelli di consumo, si consolideranno nei prossimi mesi oppure se termineranno. Un punto, questo, che ci porta a riflettere maggiormente sugli anelli storicamente deboli del settore, ossia le infrastrutture, dove in nostro Paese è in forte ritardo. Anche il tema della logistica di prossimità è diventato rilevante con l’esplosione dell’e-commerce insieme all’export del made in Italy ortofrutticolo che, negli ultimi anni, ha subito rallentamenti sia di valore che quantità pur rappresentando un elemento centrale di tutta la filiera».

Fra gli elementi che lo influenzeranno in negativo, nella fase post-Covid, la tendenza dei Paesi colpiti dalla pandemia a preferire prodotto nazionale, la recessione che si sta manifestando a livello globale e che può toccare le nostre referenze che appartengono ad una fascia alta di mercato e, infine, il problema crescente dell’italian sounding che potrebbe debilitare il brand made in Italy cavalcando la sua riconoscibilità non solo nei mercati storici ma anche in quelli emergenti.

Fonte Corriere Ortofrutticolo

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