Attualità
27 Giugno 2022Transizione ecologica e sviluppo sostenibile continuano ad essere al centro del dibattito
Che l’agroalimentare sia un settore di punta del Made in Italy è dimostrato, proprio recentemente, dal buon andamento delle esportazioni. Non bisogna dimenticare però che il settore sta attraversando rilevanti trasformazioni dettate dal cambiamento climatico e dall’innovazione digitale.
Il settore agroalimentare può giocare un ruolo centrale nella transizione ecologica e difatti accomuna diversi obiettivi di sviluppo sostenibile proposti dall’ONU, come il dimezzamento dello spreco alimentare globale pro-capite a livello sia di commercio al dettaglio sia di consumo domestico e la riduzione delle perdite di cibo nelle catene di produzione e di fornitura, comprese quelle del post-raccolto entro il 2030.
Per supportare il raggiungimento di questo target già nel 2018 la Commissione europea, con la revisione della direttiva quadro sui rifiuti, aveva imposto agli Stati membri di ridurre i rifiuti alimentari in ogni fase della catena di approvvigionamento, monitorare i livelli di rifiuti alimentari e riferire sui progressi compiuti. I Paesi europei erano, inoltre, tenuti a preparare programmi di prevenzione per lo spreco, incoraggiare le donazioni e incentivare il riutilizzo e il riciclo di prodotti alimentari.
Nel 2020 la Commissione ha, quindi, varato la strategia “Farm to Fork” - ossia “Dal produttore al consumatore” - come parte del Green New Deal, studiata per accelerare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile rendendolo equo, sano e rispettoso dell’ambiente.
Il piano si prefigge l’obiettivo di mitigare il - o quanto meno adattarsi al - cambiamento climatico, di preservare la biodiversità incentivando anche l’agricoltura biologica e allo stesso tempo di fornire ai consumatori europei prodotti salutari a un prezzo moderato. La strategia si basa su quattro pilastri: produzione alimentare, trasformazione e distribuzione alimentare sostenibili, consumo alimentare sostenibile e prevenzione delle perdite e degli sprechi alimentari. L’Ue si è quindi impegnata nel dimezzare gli sprechi alimentari pro-capite a livello di vendita al dettaglio così come di consumatore finale introducendo entro la fine del 2023 alcuni obiettivi vincolanti dal punto di vista giuridico in tutto il territorio dell’Unione.
Questa volontà di azione deriva anche dal fatto che ogni anno nell’Ue sono generate 88 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, con costi associati stimati in 143 miliardi di euro. Mentre circa il 20% del cibo prodotto nell'Unione va perso o sprecato, ogni due giorni circa 36 milioni di persone non possono permettersi un pasto di qualità.
I rifiuti alimentari hanno anche un enorme impatto ambientale, rappresentando tra l’8 e il 10% delle emissioni globali di gas serra e circa il 6% di quelle della Ue. Ridurre gli sprechi ha dunque ricadute positive in termini sia di risparmio per produttori primari, aziende e consumatori, sia di riduzione dell’impatto ambientale e climatico.
Il ruolo del PNRR
Nell’ambito dell’economia circolare e della transizione verso un sistema alimentare sostenibile anche l’Italia farà la sua parte. Il PNRR, infatti, stanzia risorse per garantire un migliore standard di vita alle persone e ridurre gli impatti ambientali della loro alimentazione. Un tema, quello della sostenibilità, già rilevante nel settore agroalimentare italiano: il Bel Paese, ad esempio, è secondo al mondo per export di prodotti bio, che rappresenta il 5,6% delle esportazioni di agroalimentare nel 2021, dopo gli Stati Uniti.
All’interno del Piano, circa 5,3 miliardi di € sono dedicati alla componente M2C1 “Agricoltura sostenibile ed economia circolare” che agisce su due filiere fondamentali: quella agricola e alimentare e quella dei rifiuti, che da scarto tornano risorsa grazie ai principi dell’economia circolare. In particolare, con riferimento alla prima, l’obiettivo è quello di sviluppare, mediante investimenti mirati, una filiera agricola e alimentare più innovativa che riduca l’impatto ambientale, attraverso una catena di distribuzione sempre più sostenibile, e migliori la competitività delle proprie aziende.
La maggior sensibilità dei consumatori ai temi di carattere ambientale aveva già portato negli scorsi anni alcune imprese del settore a intervenire sul packaging, elemento che influisce sempre di più sulle scelte di acquisto dei consumatori.
Oltre a ripensare il design delle confezioni, si punta oggi a sostituire vaschette e contenitori in plastica con altri in carta oppure in diversi materiali innovativi (ad esempio il mycelium, simile al polistirolo ma originato dal riutilizzo di scarti agricoli). L’obiettivo è quello di garantire freschezza, praticità e sicurezza alimentare scegliendo materiali riciclabili, riutilizzabili o degradabili, senza tralasciare però il fattore estetico.
La Francia è il primo Stato dell’Unione europea ad aver vietato, a partire da gennaio 2022, gli imballaggi in plastica per quasi tutta la frutta e verdura e si stima che ciò eviterà più di un miliardo di imballaggi di plastica non necessari ogni anno.
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