Attualità
07 Giugno 2024Tra le società coinvolte ci sarebbero anche Maiorana Maggiorino e Sogegross
Associazione a delinquere, frode fiscale e autoriciclaggio è l'accusa rivolta a otto persone, di cui tre finite in carcere e cinque ai domiciliari, nell'ambito di un'inchiesta della Procura europea che ha portato al sequestro preventivo di beni per oltre 18 milioni di euro da parte della Guardia di Finanza. Secondo gli inquirenti, si tratta dell'equivalente dell'Iva sottratta all'erario e del profitto dei reati contestati.
Le indagini hanno portato alla luce uno schema fraudolento che consisteva in una pianificazione di operazioni - meramente cartolari - tra società italiane e bulgare per ottenere un illecito risparmio d'imposta. Il meccanismo avrebbe consentito ai distributori e ai commercianti di cedere le bevande all’ingrosso a prezzi concorrenziali rispetto ad altre società presenti sul mercato. Le "cartiere" italiane e bulgare erano tutte gestite da Foggia attraverso un unico apparato organizzativo.
Secondo quanto riportato dal quotidiano pugliese La Gazzetta del Mezzogiorno, nella vicenda sarebbero coinvolti anche due nomi importanti del commercio del settore food & beverage, quelli di Maiorana Maggiorino e di Sogegross.
L’accusa, basata su intercettazioni e sequestri di documenti, attribuisce alle società italiane fornitrici Maiorana Maggiorino, Recchioni, Mediterranea Marittima e Sogegross una prima cessione fittizia della merce, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e documenti di trasporto falsi, a favore delle due società cartiere costituite appositamente in Bulgaria ma che sarebbero state amministrate da alcuni degli indagati nella città di Foggia. Successivamente le due società bulgare avrebbero ceduto la merce a favore delle quattro società cartiere italiane, ricorrendo ancora a fatture false. A chiudere il cerchio quindi la cessione della merce, ancora attraverso fatture legate a operazioni di fatto inesistenti, ai clienti finali riconducibili alla Drinks Planet e alla Lean Food. Queste ultime due, dopo aver ricevuto la merce dalle ditte distributrici attraverso le società cartiere, sarebbero state in grado di immettere il prodotto sul mercato a prezzi di gran lunga inferiori rispetto ai concorrenti in virtù dell'evasione Iva.
Per attuare il piano criminale, si legge ancora sulla Gazzetta del Mezzogiorno, sarebbero stati coinvolti pure commercialisti e operatori finanziari nelle vesti di prestanome.
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