La storia dei rum è indissolubilmente legata alla storia dei paesi produttori, in un intreccio di tradizioni, leggende e vicissitudini che contribuiscono a rendere ogni singolo prodotto assolutamente unico ed inconfondibile.
Nei suoi primi viaggi Cristoforo Colombo decise subito di esportare la canna da zucchero nei Caraibi (dove le condizioni climatiche risultavano particolarmente favorevoli per la coltivazione della pianta tropicale di origine indo-malese utilizzata per la produzione di zucchero); dal 1492 e per tutto il 1500 lo zucchero venne esportato in Europa, garantendo una fonte di incredibili guadagni che ingolosirono le principali potenze del vecchio continente. Iniziarono così una serie di lotte tra Inghilterra, Spagna e Francia atte a stabilire gli equilibri e le colonie dell’America centrale.
Nel 1588 l’Invincibile Armada spagnola venne sconfitta dalle flotte inglesi che iniziarono ad insediarsi nell’America centrale con la conquista di alcune isole delle Antille; fece quasi subito seguito la Francia che proprio con l’Inghilterra spartì molte isole che fino al secolo prima facevano parte dei domini spagnoli: Martinica, Guadalupa, Guyana francese per citare alcune delle isole che passarono sotto il controllo francese, mentre Trinidad, Barbados, Jamaica divennero colonie inglesi, in una spartizione territoriale che tutt’oggi risulta determinante nella definizione delle proprietà organolettiche dei rum ivi prodotti.
Di rum si parla solo alla fine del XVII secolo, quando i coloni scoprirono che dalla sostanza residuale prodotta dall’estrazione e raffinazione dello zucchero (melassa), attraverso un processo di fermentazione e distillazione, era possibile ottenere alcol.
Ovviamente il risultato di questi primi e rudimentali processi di distillazione portò alla nascita di un rum estremamente grezzo, difficilmente apprezzabile oggigiorno, utilizzato sulle navi pirata e mercantili come bevanda di ristoro per l’equipaggio; il nome rum deriva proprio dal termine dialettale inglese “rumbullion” , gran tumulto, visto il clima goliardico che si instaurava sulle navi alla somministrazione della bevanda.
L’ammiraglio Old Grog Vernon soleva aggiungere al rum limone ed acqua: siamo nel 1740 e questo “miscuglio” può essere considerato il primo cocktail con base rum (il Grog appunto) della storia.
Nei successivi due secoli due particolari vicissitudini concorsero a rallentare la diffusione della bevanda: nel 1800 fu abolita quasi ovunque la schiavitù, con evidenti conseguenze sulla quantità di manodopera utilizzabile nelle piantagioni; inoltre la produzione dello zucchero dalla barbabietola, presente in Europa, determinò un minore interesse degli europei per le zone ed i prodotti caraibici, rum incluso; nel 1900 poi le correnti proibizionistiche presenti negli States implicarono una riduzione di produttività del distillato di canna da zucchero.
La fine del proibizionismo e l’esplosione dei cocktails, hanno portato alla ribalta il valore del rum come elemento fondamentale per il bere miscelato, anche se fino a qualche decennio fa il distillato invecchiato da degustazione non veniva considerato degno dei più famosi e pregiati whiskies cognac o brandy; fortunatamente oggi il rum viene apprezzato in tutto il mondo, e le tantissime isole caraibiche continuano a distillare prodotti più o meno commerciali, ma tutti assolutamente inconfondibili.
Ogni bottiglia di rum (o ron o rhum) racconta la storia intrecciata di coloni e colonizzati, di metodi di distillazione, di isole geograficamente vicine, ma culturalmente tanto diverse: ad ogni sorso di rum insomma, non beviamo solo un liquore, beviamo le storie e le leggende di ogni singolo territorio.
Bartolomeo Malerba
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