“Gli studi genomici costituiscono un segmento emergente dell’ampelologia, ossia della scienza che studia la vite; si tratta di un argomento di estrema importanza, soprattutto in prospettiva: per questo abbiamo voluto approfondire questo tema, proiettato nel futuro, nella Tornata di chiusura dell’anno accademico 2010”. Con queste parole, Antonio Calò, presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, la principale istituzione italiana in campo vitivinicolo, che ha sede a Vicenza, ha aperto i lavori del Convegno “Presente e futuro degli studi genomici della vite”, che ha avuto luogo oggi presso la Biblioteca Internazionale “La Vigna”, in Contrada Porta Santa Croce.
Dopo l’introduzione dell’Accademico Angelo Costacurta (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione, Veneto), ideatore e organizzatore della giornata, l’intervento di Michele Morgante (Università di Udine) ha affrontato il tema dell’analisi del genoma ponendo l’accento sui sulle applicazioni alla vite e sottolineando l’importanza degli studi genomici sulla difesa di agenti patogeni quali, ad esempio, peronospora e oidio: “Obiettivo degli studi è quello di utilizzare le differenze tra diversi tipi di vite, incrociandone i patrimoni genetici, per velocizzare il processo di selezione e ottenere in prospettiva vitigni più resistenti e qualitativamente migliori; le tecnologie a nostra disposizione consentono oggi di sequenziare a costi contenuti un numero altissimo di vitigni per conoscerne il patrimonio genetico”.
Mario Pezzotti (Università di Verona) ha poi illustrato le applicazioni della tecnologia genomica alla viticoltura, con particolare approfondimento sul processo di maturazione della bacca.
Claudio D’Onofrio (Università di Pisa) si è invece concentrato sulla caratterizzazione funzionale dei geni responsabili della biosintesi degli aromi delle uve, illustrando l’analisi dell’evoluzione dei profili aromatici e la rispettiva correlazione con il patrimonio genetico.
Stefano Meneghetti (CRA Viticoltura) ha infine esposto i risultati di uno studio condotto da Angelo Costacurta, Giacomo Morreale e Antonio Calò sul contributo dei marcatori genetici nello studio della variabilità delle popolazioni varietali: sono stati analizzati diversi cloni dei vitigni pugliesi Primitivo, Malvasia Nera e Negroamaro (confrontandoli a seconda delle zone di prelievo e includendo lo Zinfandel degli Stati Uniti), di Malvasia Istriana (diffuso in Italia e in Croazia) e di Garnacha (presente in Spagna, Francia e Italia). In tutti i casi è stata riscontrata una correlazione tra i profili molecolari, la provenienza geografica e il DNA: dal punto di vista pratico questo consente a caratterizzare la vite in funzione dell’areale di coltivazione.
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