16 Luglio 2014
"Il racconto della Birra": viaggio in Europa alla scoperta di questa antica bevanda
L`autore del libro-manuale "Il racconto della Birra" ci racconta qualche curiosità su questa antica bevanda e propone un itinerario europeo alla scoperta di birrifici, pub e tradizioni diverse, tutte da assaggiare.
La birra è cambiata. Credevamo che fosse una bevanda sempre uguale, bionda, effervescente e amarognola, prodotta industrialmente in enormi quantità e da consumare il più fredda possibile, magari direttamente dalla bottiglia. Ora siamo circondati da corsi di degustazione, strani bicchieri e liquidi di tutti i colori, con o senza schiuma, che ci vengono detti essere "birra". In verità a essere cambiata non è tanto la birra, ma la sua diffusione e la percezione che ne abbiamo. A cambiare le cose è sorto un movimento, quello dei birrifici artigianali, che in questo 2014 festeggia ufficialmente la maggiore età, essendo stato fissato il 1996 come anno di nascita convenzionale del fenomeno. La realtà italiana deriva dalla rivoluzione delle microbrewery, cominciata a fine anni ’70 negli Stati Uniti e poi sviluppatasi anche in Europa, in Paesi con o senza una secolare tradizione brassicola e stili propri; tra i secondi, nessuno ha saputo stupire più del nostro, che si è imposto rapidamente come uno dei migliori al mondo: per alcuni il secondo dopo gli USA.
In effetti manca una definizione legale di birrificio artigianale a livello nazionale ed europeo, il che non ha impedito a questo tipo di imprese di moltiplicarsi a una velocità impressionante nell’ultimo decennio. A complicare le cose interviene il fatto che, se nei nuovi Paesi della birra la distinzione qualitativa tra birra artigianale e industriale è netta, le cose sono più sfumate nei paesi storici di produzione - fondamentalmente Regno Unito, Belgio e Germania - dove esistono birrifici, magari vecchi di secoli, che producono volumi di livello industriale, ma propongono ancora tipologie tradizionali utilizzando buone materie prime. Tuttavia, anche in queste nazioni sono sorte nuove realtà che per dimensioni, metodologie produttive e filosofie di mercato rientrano a pieno nella nuova onda della birra artigianale.
Le vacanze estive sono un’ottima occasione per fare del turismo brassicolo, conoscere il legame tra uno stile e la sua area d’origine che - se non è stretto come nel caso del vino, tranne casi eccezionali nel mondo della birra non esiste il concetto di terroir - pure ha le sue ragioni storiche, tecniche ed economiche, legate magari alla composizione in sali minerali dell’acqua del luogo, alla tassazione sulle materie prime o alla vicinanza di un grande porto commerciale. Iniziando il nostro percorso a Nordovest ci vengono incontro le Isole Britanniche: il legame tra Dublino e lo stile Dry Stout è noto a tutti, e la fabbrica della Guinness a St. James Gate è l’attrattiva più visitata dell’Irlanda. Passando alla Scozia si può fare un salto nella postmodernità e nell’assenza di regole recandosi in uno dei tanti pub di proprietà del famigerato birrificio Brewdog, capace di scatenare polemiche tra gli appassionati: i puristi storceranno il naso, ma le birre alle volte provocatorie di questi innovatori vanno provate, non fosse altro che per farsene un’idea. Chi si reca in uno dei tanti pub, tradizionali o alla moda, dell’area londinese non può fare a meno di provare qualche Bitter e qualche Porter, rigorosamente rifermentate in cask (botti di legno) e spillate a pompa come comanda la CAMRA, l’associazione che promuove le tradizionali Ale britanniche.
Lo sbarco sul continente passa per il Belgio, Paese che più di ogni altro è capace di mettere nel giusto valore la propria tradizione brassicola; se la bevanda quotidiana ad Anversa è la Belgian Pale Ale, il più delle volte di produzione industriale ma di qualità decorosa, questa città è anche il posto giusto per gustare una delle specialità trappiste, le birre prodotte dai monaci: lo storico locale Kulminator, con la sua cantina di vecchi millesimi, è la meta ideale. A Bruxelles sono due le specialità da non perdere: il Lambic, la stupefacente bevanda a fermentazione spontanea dal gusto acido e secco, e una delle produzioni della Brasserie de la Senne, birrificio aperto di recente nella capitale europea seguendo la filosofia delle microbrewery; si possono provare entrambe in uno dei due locali a marchio Moeder Lambic. Arrivando in Germania da ovest si fa tappa a Colonia, per gustare la tradizionale Kölsh, birra chiara ad alta fermentazione soffice e digeribile: solo se prodotta in un birrificio dalle cui finestre si può vedere il Duomo cittadino, una birra può fregiarsi di questa denominazione protetta a livello europeo. Nella capitale federale, specie in estate, non si può fare a meno di dissetarsi con la Berliner Weisse, la leggera e acidula birra di frumento che, secondo i gusti, si può aromatizzare con sciroppo di asperula o di lampone.
Scendendo in Baviera, Monaco è la città per eccellenza della bassa fermentazione: la birra più tradizionale è la Dunkel, la scura, ma ormai è la chiara Helles a essere più diffusa; nei molti Biergarten della città non mancano però le aromatiche Weizen, le birre di frumento bavaresi. Infine, nella magica atmosfera di Praga si brinda con la Pilsner, nata in Boemia nel 1842: la Urquell, originaria della città di Plze?, è ormai prodotta industrialmente, ma si può trovare in versione non pastorizzata in alcuni dei locali cittadini, mentre altri propongono ancora la propria Lager prodotta in loco.
Matteo Zamorani Alzetta, giornalista e conduttore radiofonico appassionato di birra, è autore del manuale "Il racconto della Birra" (Vallardi Editore, 12,90 euro, www.vallardi.it), un libro che affronta tanti aspetti di questa ricca e sfaccettata bevanda: la sua natura e composizione, la sua storia e origini, gli stili con cui viene prodotta nel mondo, la birra artigianale in Italia e infine degli accenni di homebrewing, ovvero di produzione casalinga.
Fonte D.Repubblica.it
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