L`inventore della Nastro Azzurra conduce una lezione nella fabbrica dov’è cominciata la sua carriera. «È una gioia rivedere lo stabilimento che funziona». Ha reinventato la Nastro Azzurro, birra che spopola nei pub inglesi (un po` come vendere ghiaccio agli eschimesi) e la sua carriera nel gruppo Peroni è stata di altissimo livello spaziando dalla produzione al management con incarichi di prestigio e responsabilità.
Giorgio Zasio, 74 anni, in pensione dal dicembre del 2012, abita stabilmente a Roma da 36 anni, ma non ha mai spezzato i legami con la sua Feltre, dove torna, cinque, sei volte l`anno nella casa in via Mezzaterra. E con entusiasmo in prossimità della Pasqua ha risposto al richiamo delle origini mostrandosi felice di tenere una lezione alla riaperta scuola di mastri birrai che ha sede, ovviamente, all`interno dello stabilimento di Birra Pedavena. Là dove tutto è cominciato anche per Zasio, nel lontano 1958, quando ancora ragazzo frequentò la scuola che ha formato decine di professionisti. Una lezione centrata sul malto, uno degli ingredienti base della birra, materia prima della quale Zasio sa tutto, come sa tutto di qualunque aspetto produttivo, organizzativo e di commercializzazione.
Vedere che la fabbrica ha ripreso a funzionare a pieno regime lo rende felice: «Il management di Castello si è dimostrato serio e continua a investire sul marchio Pedavena che per la sua storia e la qualità della birra dà qualcosa in più all`intero gruppo. Va detto che durante la gestione Heineken lo stabilimento era sempre stato mantenuto su eccellenti standard e dunque, al di là delle complicate vicende legate alla cessione, la fabbrica è ripartita senza problemi, con una cinquantina di dipendenti che fanno della flessibilità il punto di forza. Tutti fanno tutto. Con Heineken i dipendenti erano un centinaio, ma poco importa. L`intera vicenda si è chiusa fortunatamente in modo positivo e ora la fabbrica prosegue nel solco della sua storia».
Una storia sofferta, legata a doppio filo alla famiglia Luciani: «La fine ignominiosa del gruppo Dreher», dice Zasio con un velo di tristezza, «è figlia di un lungo processo per certi versi inspiegabile. L`ingegner Mario era il perno attorno al quale ruotava l`attività. Quando morì nel 1960 iniziò la disgregazione della famiglia. Così quando ci fu la cessione i Luciani non presero nulla, mentre Peroni, che ha ceduto nel 2003 alla Sab Miler, ha incassato fior di soldi».
Con il gruppo Peroni c`è stato un sodalizio professionale durato mezzo secolo, fino alla pensione. E Zasio ci ha messo del suo nel fare la fortuna del gruppo reinventandosi la Nastro Azzurro, attualmente una delle birre più in voga sul mercato britannico: «Era nata nel 1963, ma era molto diversa da quella attuale. Abbiamo abbassato l`amaro e il grado alcolico. Ora non c`è un pub inglese degno di questo nome che si possa permettere di non avere la Nastro Azzurro nella propria lista. È una birra ad alta redditività. Basti pensare che una bottiglia da 33 centilitri bevuta al pub costa circa cinque sterline».
Il 1963 è stato anche l`anno di svolta nella carriera di Zasio: «Venni mandato allo stabilimento Itala Pilsen di Padova, allora diviso al 50 per cento tra Peroni e i Luciani. Nel 1970 quando Peroni acquistò la parte dei Luciani io restai con Peroni che a 29 anni mi affidò il compito di costruire uno stabilimento tutto nuovo. Fu il primo con i fermentatori in verticale che consentivano di togliere il lievito dal basso risparmiando tempo e facilitando il processo produttivo».
La carriera di Zasio ha poi spaziato: nel 1979 Peroni gli affida il compito di ammodernare e implementare i quattro principali stabilimenti del gruppo in Italia, nel 1988 diventa amministratore delegato di Birra Wuhrer con tre stabilimenti e sede a Brescia, appena acquisito dal gruppo Peroni. Zasio ci resta fino al 1990 e poi rientra in Peroni. Per vent`anni è il presidente operativo della malteria di Pomezia. Degli anni pedavenesi conserva un ricordo indelebile: «Di gratitudine per ciò che ho ricevuto in una scuola che aveva professori di assoluto livello. Basti pensare che l`esame di chimica all`università l`ho superato grazie alla preparazione ricevuta a Pedavena».
Ora restano l`amico Gianni Pesa, direttore dello stabilimento di Pedavena e qualche amico, vecchio compagno di scuola: «Coltivo ancora i rapporti con le amicizie di gioventù. Purtroppo sono sempre meno perché non tutti invecchiano. Ma il mio rapporto con Feltre è sempre solido e vedere il successo del marchio Pedavena mi dà gioia. Perdere un simile patrimonio sarebbe stato davvero un peccato».
Roberto Curto
Fonte Corriere delle Alpi
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