Il 2017 è iniziato con un deciso colpo di acceleratore delle vendite. Tanto che nei primi sei mesi, nella grande distribuzione secondo Iri, segnavano un progresso, a valore, di circa il 10% a 612 milioni e, a volume, dell’11,5% a 3,22 milioni di ettolitri.
Nel 2016 c’era stato un assaggio con una crescita dei ricavi dell’1,8%. A livello generale, nel 2016, la domanda di birra è aumentata dell’1,6%, raggiungendo i 19 milioni di ettolitri, pari a 31,5 litri/anno pro-capite. Secondo il rapporto Althesys realizzato per l’Osservatorio della birra di Fondazione Birra Moretti, i maggiori produttori hanno generato un giro d’affari stimabile in circa 2 miliardi, +21% nell’ultimo decennio. Ma considerando anche distribuzione e vendita il valore condiviso è di 6 miliardi, di cui 4,85 nella ristorazione e 1,2 miliardi nel retail.
«Meglio di così non potremmo andare – esordisce Alberto Frausin, ad di Carlsberg Italia -. È tutto l’anno che cresciamo a doppia cifra. E anche luglio è molto positivo».
Ok premium e speciali
Il traino principale per i consumi arriva (temperatura a parte) da birre premium (+11% a valore e +15% a volume) e speciali (+14,6% e +16,65%); ma non deludono le standard (+10% e +12,7%). In retromarcia invece le birre low cost (-6,2% e -6,4%) e le aromatizzate (-3% e 1,6%).
«Il successo crescente delle birre del territorio e delle premium – sottolinea Frausin – è il risultato del grande lavoro svolto dalle imprese che ha permesso l’evoluzione dei consumatori. Quanto alle birre aromatizzate si sono fatti grandi investimenti ma ora il mercato non segue più».
Davide Franzetti, country manager di Ab Inbev, dichiara una crescita migliore rispetto alla media del mercato e conferma la leadership «nei segmenti a più alto valore aggiunto (super-premium e speciali ndr) con ottime performance di tutti i brand, in particolare Corona, Leffe e Tennent’s Super». Le rilevazioni nella Gdo indicano che nel primo semestre 2017 il leader Heineken ha consolidato la leadership guadagnando lo 0,8% di quota di mercato al 36,2%, AbInbev si è collocata al 14,8% (+0,4%), Peroni (Asahi) al 15,5% (+0,1%); ferme Carlsberg con il 9,7% e Bavaria con il 4,7%. Arretrano Royal Unibrew con il 3,9% (-0,2%), Forst con il 3% (-0,3%) e le private label con il 2,7% (-0,7%).
Le quote del semestre
Un pezzo della partita si è giocato nelle birre speciali, un segmento ricco che nel semestre valeva 126 milioni di euro (contro i 200 milioni delle premium e i 227 delle standard). Ab Inbev ha guadagnato due punti al 31% di quota di mercato e Carlsberg quasi un punto al 6,7%. Ferme Forst e Peroni (+0,1%). In retromarcia Royal Unibrew (-1,5%) Heineken (-0,6%) e Bavaria (-0,1%).
Infine, l’anno scorso Carlsberg Italia e Carlsberg Horeca hanno raggiunto il turn around dopo anni di profondo rosso. Nel solo biennio 2014/15 Carlsberg Italia ha perso oltre 18 milioni. Nel 2016 i ricavi sono saliti da 123 milioni a 126, l’Ebitda da 4 milioni a 8,8 e la perdita di 7,6 milioni si è trasformata in un utile di 463mila euro. Carlsberg Horeca è passata da una perdita di 300mila euro a un utile di 1,4 milioni.
Fonte Il Sole 24 Ore
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