24 Marzo 2011

Whisk(e)y delle meraviglie


whisky.jpgÈ Whiskey se di malto irlandese, (“schotch”) whisky se di malto scozzese. È comunque, tra gli spirits, il più bevuto al mondo, prodotto (pensate) in Giappone da quasi un secolo, sicuramente in Usa e Canada fin dai tempi della colonizzazione del Nuovo Mondo. Il suo successo trova le proprie radici fin dalla commercializzazione dei primi blended (whisky mescolati e fatti con malti di diversi cereali) che per lo “schotch” è il 1835. I blended coprono il 95% dei whisky in commercio e sono miscele di single whisky o la classica di whisky di grano (40%) e di malto (60%).
Il whisk(e)y è un prodotto originale risultato della distillazione dei cereali (orzo, frumento, segale, avena, mais) maltati totalmente o solo parzialmente. Il cosiddetto maltaggio è un processo molto oneroso ma allo stesso tempo importante perché conferisce al whisk(e)y speci- fiche caratteristiche organolettiche. Parleremo semplicemente di malto se il cereale in questione è semplicemente l’orzo. Anche se poi, ad esempio in Scozia, si usa ripetere che il principale ingrediente del whisky è proprio la gente che lo fa, poi c’è l’acqua, l’aria, la torba (il cui fumo asciuga l’orzo) e in ultimo proprio l’orzo. Gli impianti (gli alambicchi) sono prestigiosi in quanto solitamente non hanno meno di cento anni a testa, in distillerie solitamente di medio-piccole dimensioni. Gli scarti della lavorazione diventano poi mangime per le vacche. Nulla va buttato.
Per quanto riguarda la storia del nostro “spirito”, si ritiene che sia stato addirittura san Patrizio, nel V secolo, a introdurre la tecnica della distillazione dall’Irlanda alla Scozia. Qualcosa di simile al whisky è già descritto nell’Irlanda del XII secolo. Con certezza sappiamo che nel 1494 era un prodotto già presente in Scozia (a Bushmills contea di Antrim) con il nome di “uisge beatha” (poi “fuisce”), traduzione in scozzese gaelico della più antica voce celtica di “usque- baugh”.

Tutto quello che ci interessa sapere è comunque che il whiskey irlandese è distillato ancora tradizionalmente da una mistura di orzo e altri cereali, mentre lo schotchwisky e distillato da solo orzo maltato. Di sicuro entrambi, appena distillati non sono per niente piacevoli al palato, per questo devono essere obbligatoriamente invecchiati in botti di legno per almeno tre anni, anche se ci sono whisky di puro malto che raggiungono la piena maturità persino dopo i 20 anni e più. Gli apparecchi di produzione sono di due tipi, il pot still (l’alambicco discontinuo) e il patent still (continuo). Con il primo si utilizza il sistema del ripasso (il primo distillato ha 20-25 gradi di alcol che ridistillato dà il prodotto finale), mentre con il secondo si distilla una sola volta (così si ottiene il Bourbon) e si possono raggiungere gradazioni alcoliche prossime a quelle dell’alcol di buongusto.
È bene ricordare che seppur simili per processo di produzione, whiskey e whisky hanno differenze sostanziali di fondo. Per il whiskey irlandese la distillazione viene eseguita per tre volte in modo da rendere il prodotto finale più puro e morbido al palato e il malto viene fatto asciugare in forni chiusi a differenza di ciò che avviene in Scozia con il whisky, dove il malto viene asciugato al fumo della torba ed è in uso la doppia distillazione. Un breve cenno lo meritano anche i cosiddetti whisky “marini”, di alcune particolari isole scozzesi (in particolare Islay e Skye) dove il malto si arricchisce delle esclusive note della salsedine. Per quanto riguarda le abitudini di consumo, nell’Europa continentale siamo abituati a bere il whisky liscio oppure “on the rocks”. In Scozia invece si usa aggiungere alcune gocce di acqua naturale, mai frizzante, povera di sodio. Pare che così vengano meglio evidenziati gli aromi e l’acqua denoti caratteristiche più complesse. «E allora, proviamo per credere!».


Eustachio Cazzorla

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