PUNTI DI FORZA E NEI
«Le qualità tipiche di una barlady? Maggiore attitudine all’organizzazione del lavoro, superiore capacità di concentrazione e attenzione scrupolosa nel dosare gli ingredienti, creare le ricette e decorare i drink. E poi sensibilità, creatività, intuito» risponde Cinzia Ferro titolare dell’Estremadura Cafè di Suna (Verbania). E poi: «Le donne sono più diplomatiche e in genere riescono a mediare meglio qualsiasi situazione», sostiene Virginia Ducceschi bar manager del Rex di Firenze. Non basta: «Le donne sono più ordinate e precise nella pulizia. Inoltre, sono dotate di una sensibilità e di un gusto estetico che spesso agli uomini manca» aggiunge Adriana Bosco bar woman manager all’Ithay a Cava De Tirreni. Quanto ai limiti principali, le barmaid intervistate sono tutte allineate: «Siamo meno forti fisicamente degli uomini, ma possiamo svolgere senza problemi anche tutti quei lavori considerati “maschili”, come per esempio scaricare casse e fusti», commenta la Ferro. Insomma, «essere barlady significa anche sporcarsi le mani e farsi i muscoli. Ma quando c’è passione la fatica si percepisce meno» avvisa la Ducceschi.
IL RAPPORTO CON I COLLEGHI
Eccezioni a parte, oggi nelle principali città italiane tra colleghi barman e barlady c’è in genere un rapporto paritario e armonioso. Questo non significa che non resistano pregiudizi di matrice sessista, soprattutto in provincia e al Sud. «Anche se la situazione è migliorata, da noi la mentalità machista è ancora abbastanza diffusa. Non è facile lavorare in un ambiente di uomini così. Detto questo, con me nessuno si è mai comportato in modo irrispettoso. Più che fortuna, è questione di atteggiamento. Se si ha un approccio professionale, solare ma non confidenziale è raro trovarsi in situazioni imbarazzanti o antipatiche», osserva Adriana Bosco. È d’accordo Jessica Rocchi, barlady di Alice Ristorante a Milano, che aggiunge: «Nessuno si è mai permesso di mancarmi di rispetto, ma ho avuto dei problemi con dei colleghi insicuri e autocentrati che mi percepivano come un ostacolo per il loro successo e non come un elemento della squadra con cui crescere insieme. Con il tempo ho imparato a non lasciarmi condizionare da queste dinamiche e a non perdere energie in sterili relazioni. In fin dei conti, basta solo continuare a credere in se stessi per superare questo genere di situazioni».
Jessica Rocchi
Sommelier ad appena 18 anni, mi sono poi specializzata in mixology seguendo dei corsi targati AIBES, Flair Academy e Campari Academy. Dopo qualche anno in un hotel di lusso in Umbria, sono diventata la barlady di Alice Ristorante di Viviana Varese a Milano dove nei prossimi mesi inaugureremo l’angolo mixology.
STIPENDIO A CONFRONTO
Parliamo di “cash”. Edda Fiore barlady del Nabilah di Napoli racconta: «Se analizziamo gli stipendi non ci sono differenze: a parità di mansione, guadagniamo la medesima cifra. Dobbiamo però lavorare il triplo per conquistare la fiducia di titolare e clienti e per affermarci in questo mondo. Mi pare emblematico che la parola barlady in Campania sia ancora poco utilizzata e che si rivolgano a noi con il termine barman. Non trovate?».