«Fino al 2019 - precisa Alfredo Pratolongo vice presidente di Assobirra, con delega a Relazioni Istituzionali e Comunicazione - la birra aveva generato un valore condiviso di 5,9 miliardi di euro nel solo canale horeca; nel primo semestre 2020 si evidenzia un decremento di 1,3 miliardi di euro».
Una crisi purtroppo fisiologica in questa contingenza pandemica caratterizzata dalle chiusure dei locali, visto che la birra incide con una quota media tra il 7% ed il 27%, nei ricavi finali, di ristoranti, pub, bar o pizzerie, e ha un ruolo fondamentale nell’economia dei distributori di bevande, dove pesa mediamente per oltre il 30% nei volumi e del 40% del fatturato.
E a livello europeo le cose non sono andate certo meglio. Basti pensare, infatti, che il valore aggiunto del settore birra nel vecchio continente si è ridotto di oltre 15 miliardi, ovvero del 25%. Il Rapporto si sofferma pure sull’andamento dell’export, che – dopo anni di crescita – subisce nel nostro paese un calo del 4,8%. Evidente, dunque, l’influsso negativo della pandemia anche se una nota positiva sussiste: i volumi rimangono infatti importanti: circa 3,3 milioni di litri. Una conferma, dunque, della vocazione birraria del Belpaese.
Chi ha sofferto di più
Se i grandi gruppi hanno limitato in qualche modo le perdite, per quanto riguarda i piccoli birrifici, il calo di produzione e di fatturato si è attestato al -70%, addirittura al -80% secondo le stime del vice presidente di Assobirra Matteo Minelli. La spiegazione è semplice: lo stop della ristorazione ha bloccato i consumi, canale prioritario per i micro birrifici che si reggono sul rapporto con i distributori diretti. Parliamo di un settore costituito in gran parte da realtà imprenditoriali giovanili, che contava prima della crisi più di 850 produttori da Nord a Sud con circa 3000 addetti.
A seguito della pandemia la produzione ha segnato un calo del 31% (361.000 hl del 2020 contro i 523.000 del 2019), e ha visto anche la chiusura di diverse imprese che purtroppo non sono riuscite a mettere in campo le forze necessarie per sopravvivere. La birra artigianale ha continuato ad accompagnare gli appassionati nei consumi casalinghi con nuove formule rese possibili dall’e-commerce e dal delivery. Ma gli sforzi non sono bastati.
«Per questo per queste piccole realtà imprenditoriali servono (e le abbiamo chiesto al Governo) misure di sostegno come l’IVA agevolata fino al 2023, l’estensione dell’attuale regime forfettario per il pagamento delle accise e la sospensione di queste ultime fino alla fine del 2022» spiega Minelli.
Interventi in fase emergenziale, certo. Ma anche interventi che si configurino come strutturali e a più ampio raggio, finalizzati a stimolare gli investimenti su tutta la filiera. «Per questo - spiega Pratolongo - AssoBirra chiede al Governo e alle Istituzioni di riprendere e accelerare il percorso di riduzione delle accise con un intervento triennale che consenta la crescita di una filiera strategica per l’economia e per l’industria agroalimentare italiana».
In effetti un percorso di riduzione delle accise, lo ricordiamo, era già stato intrapreso nel triennio 2017-2019 (salvo poi la sospensione a causa della pandemia), con risultati già evidenti. A una riduzione di 2 punti percentuali delle accise aveva infatti corrisposto un aumento degli investimenti e dell’innovazione e, last but not least, una crescita dei consumi del 9% e lo sviluppo di tante realtà locali.
Fonte Mixerplanet