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15 Luglio 2024Una grande opportunità sia per dare “valore” al prodotto finito olio extravergine di oliva, sia per rilanciare luoghi e comunità
L'oleoturismo rappresenta un'occasione straordinaria per il nostro Paese: a rivelarlo è il primo Rapporto sul turismo dell'olio, uno studio approfondito redatto dall'esperta Roberta Garibaldi, che punta i riflettori su un settore composto da circa 1 milione di imprese olivicole per un valore della produzione che sfiora annualmente i 2 miliardi di euro.
Il Rapporto comprende i dati sulla capacità attrattiva del comparto e le best practice individuate tra le aziende italiane che hanno avviato un progetto di accoglienza turistica, la base per aderire al primo portale nazionale dedicato al turismo dell'olio, già online ma che non si ponte soltanto come un sito-vetrina dedicato alle strutture coinvolte e al concorso Ercole Olivario, bensì il tramite per acquistare veri e propri pacchetti turistici. Sono già oltre trecento le aziende selezionate e il numero è destinato ad aumentare.
UN BOOM DEI PROSSIMI ANNI?
La visita a un frantoio è un'esperienza ancora poco praticata tra i turisti ma con ampi margini di crescita legati anche al contenuto sano dell'esperienza e all'inserimento dell'olio Evo come prodotto di bellezza e di cura della persona, dalla tavola alle spa e ai centri benessere. Secondo la prima edizione del Rapporto sul turismo dell'olio, il 15% dei turisti italiani ha già preso parte, negli ultimi tre anni, alla visita in un'azienda olearia, percentuale che sale al 19% nel caso del turista orientato alle esperienze enogastronomiche. A livello anagrafico, solo l'11% della fascia d'età 18-24 anni e solo il 10% della fascia 25-34 vi ha preso parte, mentre tra gli over 65 anni la percentuale cresce al 23%. Sebbene ci si trovi ancora di fronte a una minoranza, i dati del Rapporto fanno emergere il forte appeal dell'olio extravergine, dei luoghi di produzione e della cultura dell'olio tra i turisti.
“La leva principale che spinge il turista a prendere in considerazione la visita in frantoio o in azienda olivicola è la shopping/tasting experience: il 72% degli intervistati vorrebbe acquistare il prodotto a prezzi interessanti (74% tra i turisti enogastro) e il 70% amerebbe degustare l'olio e le diverse tipologie prodotte in azienda in abbinamento a prodotti e cibi del luogo (72% tra i turisti enogastro)" spiega Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto, sottolineando come siano parecchio consistenti anche le risposte legate alle esperienze di turismo attivo.
"Il 70% vorrebbe vedere come si produce l'olio, il 64% desidera partecipare alla raccolta delle olive e il 65% sogna una cena a lume di candela tra gli oliveti. Inoltre, il 57% amerebbe provare dei centri benessere che offrono trattamenti legati all'olio e il 70% vorrebbe provare, al ristorante, diverse tipologie di olio in abbinamento ai vari piatti degustati durante la cena. Da evidenziare, infine, il forte collegamento tra olio e patrimonio storico italiano: il 73% dei turisti enogastronomici vorrebbe visitare un frantoio storico, il 72% ambirebbe al soggiorno in una dimora storica con oliveto e orciaia al proprio interno e il 59% vorrebbe poter visitare un museo nazionale dedicato all'olio extravergine di oliva” aggiunge Garibaldi.
Alla luce di questi dati, il turismo dell'olio si rivela essere dunque una grande opportunità sia per dare “valore” al prodotto finito olio extravergine di oliva, sia per rilanciare luoghi e comunità come le città dell'olio italiane, immerse in paesaggi, ambienti, storia, cultura e biodiversità.
"Le oltre 480 città dell'olio italiane sono per lo più piccoli comuni, sotto i 5.000 abitanti, per il 90% situati nelle aree interne, che vivono una situazione paradossale di abbandono olivicolo ma anche di abbandono urbano, perché l'economia locale non riesce a sostenere la sopravvivenza delle persone in questi territori" spiega a tal proposito Michele Sonnessa, Presidente Città dell'Olio, rimarcando quanto sia importante quindi difendere l'olivo in tali territori per preservare la presenza umana.
"Fenomeni di abbandono delle olivete (il 30% in Toscana, il 60% in Liguria sono gli unici dati certi che abbiamo, ma sono tuttavia significativi) si traducono in paesaggi che perdono la loro valenza. Per fare questo abbiamo costituito un Tavolo interdisciplinare di lavoro con esperti accademici e mondo della produzione per lavorare insieme a una Legge nazionale di contrasto all'abbandono olivicolo, perché il turismo dell'olio non può prescindere dal paesaggio” ha aggiunto Sonnessa.
Il Rapporto conferma quindi che l'oleoturismo oggi rappresenta un importante strumento di crescita per le imprese della filiera. "I flussi di turisti sempre più attenti alla sostenibilità ambientale, alla tutela del paesaggio e a una sana alimentazione, possono trovare proprio nelle imprese olivicole le esperienze che richiamano tali valori" commenta Nicola Di Noia, Direttore di Unaprol e Amministratore Unico della Fondazione Evooschool, che però chiarisce come sia necessario un cambio culturale per cogliere appieno queste opportunità.
"Bisogna formare nuovi professionisti del settore, in grado di lavorare sull'accoglienza dei clienti, sullo sviluppo di nuovi servizi e di utilizzare le nuove tecnologie. La formazione quindi è una delle leve principali per chi vuole approcciare allo sviluppo dell'oleoturismo” conclude Di Noia.
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