Attualità
29 Giugno 2022Una possibile soluzione all'orizzonte per evitare che la situazione degeneri ulteriormente
Un accordo stipulato recentemente sullo sblocco dei porti consentirebbe all’Ucraina di tornare ad esportare il 95% del grano via mare e di svuotare i magazzini dove si stima la presenza di oltre 20 milioni di tonnellate di cereali destinati a rifornire sia nei Paesi ricchi che in quelli più poveri dove la chiusura degli scali rischia di provocare rivolte e carestie.
Lo sblocco dei porti, sottolinea Coldiretti, libererebbe anche lo spazio nei centri di stoccaggio per accogliere i nuovi raccolti di grano in arrivo tra poche settimane, stimati in calo di circa il 40% rispetto alla attese a causa della guerra.
La guerra coinvolge gli scambi di oltre ¼ del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate), secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga.
Il risultato è che le quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale sono aumentate del 34% nell’ultimo anno secondo le elaborazioni Coldiretti su dati dell’Indice Fao a maggio. E a tirare la volata sono proprio i prezzi internazionali dei cereali cresciuti del 23,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre i lattiero caseari salgono del 19%, lo zucchero aumenta di oltre il 40%.
Il blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero a causa dell’invasione russa ha alimentato inoltre l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che - spiega la Coldiretti - si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori.
Un’emergenza mondiale che riguarda direttamente anche l’Italia, un Paese deficitario che importa addirittura il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti, il 35% del grano duro per la pasta e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame.
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