Attualità
18 Maggio 2022Una recente ricerca Istat mostra come sia crollata la spesa delle imprese per l’innovazione
Una rilevazione CIS (Community Innovation Survey) svolta tra ottobre e dicembre 2021 fornisce un quadro preciso relativo alle attività di innovazione delle imprese con almeno 10 addetti nel triennio 2018-2020. L'indagine consente quindi di fotografare l'impatto della pandemia sugli investimenti in nuovi prodotti e sui risultati economici generati dalle innovazioni.
Ad emergere subito è un dato preciso: l'emergenza sanitaria ha pesantemente ridotto la propensione ad innovare delle imprese italiane, specialmente quelle di medie e grandi dimensioni, ed ha causato un crollo delle spese per l'innovazione.
La crisi ha impresso inoltre una importante spinta nell'adozione di nuovi modelli organizzativi legati a nuove tecnologie digitali come il lavoro a distanza (smart working), introdotto in più della metà delle imprese con attività innovative. Il 2020 ha determinato altresì un cambiamento profondo nella struttura produttiva e, in generale, nei nei comportamenti e nelle decisioni delle imprese.
Maggiore la qualità dell’innovazione ma debole l’impatto sull’economia
A fronte del calo generale degli investimenti nell’innovazione, nel 2018-2020 si è rafforzata la componente più radicale degli innovatori, ossia quella composta da imprese che sviluppano e vendono prodotti innovativi per il mercato e originali rispetto ai prodotti delle imprese concorrenti.
Questi innovatori costituiscono il 14,6% delle imprese e la quota aumenta di oltre sei punti percentuali rispetto al periodo precedente (2016-2018). Indipendentemente dal settore economico di appartenenza, protagoniste di queste innovazioni sono le grandi imprese, il 28,6% delle quali ha introdotto prodotti nuovi sul mercato, soprattutto quelle attive nell’Industria (39,5%). Tuttavia, l’aumento interessa anche le piccole imprese che raddoppiano passando dal 6,6% al 13,6%.
Nonostante l’impegno in innovazioni di prodotto originali, i ritorni in termini di fatturato derivanti dalla vendita di prodotti nuovi non sono rilevanti nel 2020. La quota di fatturato attribuita alla vendita di innovazioni è pari al 12,2% e solo il 3,8% è associato alla vendita di prodotti “nuovi per il mercato”, cioè introdotti per la prima volta dall’impresa sul suo mercato di riferimento.
Cresce l'attenzione per l’impatto ambientale
L’obiettivo di intraprendere azioni a basso impatto ambientale e di conciliare innovazione e salvaguardia dell’ambiente prende sempre più spazio all’interno delle strategie aziendali.
Nel triennio 2018-2020 il 40,3% delle imprese innovatrici ha dichiarato di aver introdotto una o più innovazioni che hanno avuto effetti positivi sull’ambiente, per il 37,0% delle imprese innovatrici gli effetti si sono tradotti in benefici ambientali per i soggetti produttori e per il 29,1% in benefici ottenuti nella fase di consumo e utilizzazione dei beni e servizi. Gli interventi più frequenti hanno riguardato il minor consumo di energia e la riduzione delle emissioni di CO2, sia nella produzione (20,6%) che nell’utilizzo/consumo dei beni e servizi (18,4%).
Una quota analoga di imprese ha sostituito materiali tradizionali con materiali meno inquinanti o pericolosi (19,6%) e una lievemente più bassa ha realizzato iniziative volte alla riduzione dell’inquinamento in fase di produzione (17,9%) e consumo (16,8%). Frequenze simili si registrano per l’adozione di pratiche volte al riciclaggio dei materiali e dei rifiuti e al riciclo dell’acqua (16,5%) o al minor consumo di materiali o acqua (15,1%).
Più limitato è l’impegno delle imprese nella sostituzione di combustibili fossili con risorse energetiche rinnovabili (9,0%). L’impegno rivolto alla sostenibilità ambientale è maggiore tra le imprese innovatrici dell’Industria (45,5%) e delle Costruzioni (43,3%) che in quelle dei servizi (33,7%).
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