Vino
08 Novembre 2023I segnali di maggiore criticità provengono dal contesto internazionale
L’analisi presentata dall’Area Studi di Mediobanca in occasione dell'ultima Milano Wine Week evidenzia come nel 2022 l’inflazione abbia spinto i fatturati del settore vinicolo, pur spiegando solo i tre quarti della crescita delle imprese vinicole che ha fatto segnare complessivamente un +9,1%, concentrandosi in particolare sul canale Horeca (+19,9%) e sulle fasce premium (+13,7%). A tale andamento è corrisposta però una contrazione dell’Ebit margin passato dal 5,8% (valore medio 2015 – 2019) al 4,6% (2022). La fotografia tracciata da Mediobanca evidenzia buoni valori di solidità patrimoniale per le imprese vinicole e migliori prospettive di crescita, in particolare sui mercati internazionali, per quelle di maggiori dimensioni.
Nel 2022 il vino italiano ha segnato un valore in export pari a 8 miliardi di euro, con una crescita pari al 12% rispetto all’anno precedente, mentre per il primo semestre del 2023 la stima è di circa 3,7 miliardi euro. Come evidenziano i dati di Nomisma, il vino è sempre più un prodotto globalizzato. Apertosi negli ultimi vent’anni a nuovi mercati e soluzioni e trovatosi ad affrontare nuovi Paesi esportatori e competitor, il settore vinicolo italiano è oggi sempre più chiamato alla sfida della crescita. Tuttavia è proprio dal contesto internazionale che provengono i segnali di maggiore criticità.
Pesano le dinamiche inflazionistiche, seguite dall’innalzamento dei tassi di interesse da parte della BCE e da un rallentamento dell’economia globale e in particolare dell’eurozona. Un quadro caratterizzato da maggiori difficoltà di accesso al credito e a strumenti finanziari e, soprattutto, per le imprese vinicole orientate ai mercati internazionali, dalle continue nuove certificazioni richieste e da ostacoli di diversa natura nell’export.
Restano largamente irrisolte problematiche legate alla protezione della proprietà intellettuale e della tutela delle Indicazioni Geografiche dei prodotti di qualità e in particolar modo delle eccellenze italiane, spesso soggetti a fenomeni di imitazione e contraffazione. Un dossier che, insieme a quelli relativi alla revisione del regolamento sugli imballaggi e dell’etichettatura dei vini, chiama in causa in primo luogo le istituzioni comunitarie e nazionali per mettere a sistema una solida strategia di diplomazia economica. Sempre a livello internazionale, prosegue un dibattito troppo spesso caratterizzato da un approccio proibizionista che ha già visto fughe in avanti sconsiderate, si guardi al caso irlandese, e rispetto al quale l’Italia invece ha molto da poter dire e facilmente dimostrare, grazie alla sua cultura del bere moderato.
«Il vino è un patrimonio umano che rappresenta un portato di storia, cultura e tradizioni millenarie. Oggi assistiamo a livello internazionale ad un attacco proibizionista che viene brandito pericolosamente e che rischia di danneggiare una filiera strategica per la nostra industria agroalimentare» ha commentato Micaela Pallini, Presidente di Federvini. «Credo che la nostra risposta debba essere fondamentalmente culturale, promuovendo lo stile di vita mediterraneo, declinato al principio della moderazione e del consumo conviviale del vino e in generale delle bevande spiritose».
«Abbiamo di fronte a noi sfide globali considerevoli che interessano in modo diretto l’operato delle nostre imprese, i nostri territori, la nostra cultura e il nostro modo di vivere la socialità» ha aggiunto Ettore Nicoletto, Vicepresidente del Gruppo Vini di Federvini e President & Ceo di Angelini Wines and Estates. «Il vino italiano è un’eccellenza che nel mondo è riconosciuta ed apprezzata: suscita l’emozione dell’empatia territoriale ed è connessa ad un lifestyle incentrato sulla cultura del bere di qualità. Va tutelata in tutte le sedi con fermezza, continuità e con il supporto delle istituzioni».
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