Attualità
09 Giugno 2022Prospettive positive per l'export, seppur con rischi dovuti a rincari e guerra
Il settore agroalimentare italiano è caratterizzato da un tessuto imprenditoriale composto in prevalenza da piccole entità. Nel 2019, ultimo dato disponibile, erano circa 55mile le imprese, per lo più micro e piccole, operanti nelle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco e impiegavano quasi 460mila addetti. Le imprese che svolgevano attività principale nel settore agricolo, invece, erano oltre 400mila (per la quasi totalità micro imprese) con più di 800mila addetti. Le imprese del settore, inoltre, mostrano una buona dinamicità oltreconfine.
Nel 2021 l’indice del fatturato estero delle imprese delle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco è cresciuto di oltre il 10%, dopo aver già registrato un andamento comunque positivo (+2,5%) nell’anno pandemico. L’indice del fatturato domestico, invece, nel 2020 si è contratto (-1,8%) per poi recuperare lo scorso anno (+7,1%).
Nel periodo 2010-2019 il valore dell’export italiano di agroalimentare è cresciuto a un tasso annuale composto (CAGR) del 6,3%, una performance migliore delle esportazioni complessive (+5,1%). Nel 2020 il settore è stato tra i pochi a registrare un incremento (+3,2% su base annua) raggiungendo esportazioni per oltre €46 miliardi e portando la propria incidenza sul totale all’11%. L’anno successivo le vendite oltreconfine hanno continuato il percorso di crescita toccando il massimo storico di €52 miliardi (+11,1% rispetto all’anno precedente vs +18,2% per l’export italiano complessivo). Tale risultato è stato guidato in particolar modo dall’incremento delle esportazioni di alimentari e bevande (+11,6%) ma l’andamento è stato positivo anche per i prodotti agricoli (+8,8%).
Nel 2021 la performance si è confermata ancora in crescita grazie all’avanzamento delle campagne vaccinali in molti mercati chiave e al conseguente incremento dei consumi legati alla ripartenza del settore Ho.Re.Ca. e alle maggiori occasioni sociali.
Le prospettive sono positive anche per il 2022 (+19,5% tra gennaio e marzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), rimangono però rischi al ribasso legati alle incognite del contesto internazionale e agli aumenti di prezzo delle materie prime agricole, dovuti anche al rialzo dei costi degli input produttivi, specie fertilizzanti ed energia, intensamente utilizzati nelle fasi di produzione e trasformazione di alcuni prodotti agroalimentari.
Oltre l’85% delle esportazioni di agroalimentare è composto da alimentari, bevande e tabacco, mentre i prodotti agricoli compongono la restante parte. A livello di comparti, le bevande rappresentano la prima categoria esportata (€10,4 miliardi), con un peso del 20% sul totale del settore. Il comparto si compone per due terzi di vino. Seguono altri prodotti alimentari13 con un valore esportato di quasi €8,9 miliardi (17%) e prodotti da forno e farinacei (€5,2 miliardi; peso del 10%). Nel 2020 i prodotti maggiormente legati ai consumi domestici - quali pasta, olio, salumi, conserve e sughi - hanno registrato buone crescite in un anno caratterizzato da limitazioni agli spostamenti e cambiamenti di abitudini. Al contrario, i comparti più tradizionalmente legati ai consumi fuori casa, dopo la fine delle restrizioni, nel 2021 hanno beneficiato di un ritorno del canale legato all’ospitalità.
Agroalimentare da esportazione
Fra le prime destinazioni delle vendite oltreconfine di agroalimentare si segnalano i principali partner commerciali dell’Italia. Nel 2021 le esportazioni verso la Germania, con un peso del 16% sul totale del settore, sono cresciute del 7,6% a €8,4 miliardi. Quasi la metà dell’export verso il Paese si compone di bevande, altri prodotti alimentari e prodotti di colture permanenti. Gli Stati Uniti accolgono l’11% delle nostre vendite di agroalimentare per un valore di €5,6 miliardi, di cui €2,4 miliardi di bevande. Segue con lo stesso valore di export la Francia verso cui esportiamo principalmente altri prodotti alimentari, prodotti delle industrie lattiero-casearie e prodotti da forno e farinacei.
Altri mercati rilevanti per l’agroalimentare Made in Italy sono Regno Unito, in lieve crescita nonostante alcune criticità burocratiche e logistiche legate alla Brexit, e Giappone, grazie soprattutto al traino della componente del tabacco, ma anche alle facilitazioni legate all’accordo commerciale tra Giappone e Ue entrato in vigore a fine 2019. Significativi anche gli incrementi nel 2021 dell’export di agroalimentare verso Polonia (+35,6% rispetto al 2019), Cina (+44,3%) e Corea del Sud (+51,5%). La crescita del reddito disponibile, infatti, determina un cambiamento delle abitudini alimentari verso prodotti di maggiore qualità come quelli Made in Italy.
Vino, olio d’oliva e pasta portano il gusto italiano sulle tavole di tutto il mondo. Nel 2021 il loro export complessivo si è attestato a €11,7 miliardi (il 22,4% del totale export agroalimentare), in crescita del 7% rispetto all’anno precedente e con una buona dinamica positiva decennale. Per il 2022 i dati sono già rincuoranti, così come emerso pochi giorni fa dall'analisi della Coldiretti effettuata su dati Istat.
Il consumo di vini è atteso in crescita nel biennio 2022-2023 in media del 3,1%. Si confermano mercati dai consumi in crescita sia gli Stati Uniti (primo mercato di destinazione del nostro export di vini), sia quelle geografie (quali ad esempio Cina e Giappone), dove il valore delle vendite di vino italiano è già abbastanza rilevante, ma il presidio ancora non al pieno delle potenzialità.
Spiccano in termini sia di crescita di consumi che di quota di mercato italiana Paesi verso i quali il nostro export in valore è inferiore alle maggiori destinazioni, ma comunque sbocchi “minori” dove le imprese italiane potranno cogliere sempre maggiori opportunità (Norvegia, Finlandia, Messico e, con le cautele del caso, Repubblica Ceca). La Germania, seconda geografia per valore del nostro export, vede un ottimo presidio da parte delle imprese italiane, sebbene i consumi di vino per il prossimo biennio siano sotto la media di previsione. Canada e Regno Unito rappresentano un buon connubio di consumi e quota di mercato. Svizzera e Belgio si presentano come Paesi dove invece il nostro posizionamento enologico oltreconfine sembra destinato a flettersi.
Ciò che anche rende il vino italiano tanto apprezzato e richiesto all’estero è la specializzazione territoriale. Nel 2021 è stato il vino veneto quello che più di altri ha varcato i confini nazionali (quasi €2,5 miliardi di esportazioni) (Fig. 4), grazie in particolare all’ottima performance del Prosecco di Treviso, che nel 2021 ha esportato bollicine per quasi €830 milioni; seguono Piemonte e Toscana; anche Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Lombardia - grazie anche all’ottima performance estera del Franciacorta (+10,3%) - presentano buoni livelli di vendite oltreconfine.
Fra le regioni con una minore propensione all’export troviamo la Valle d’Aosta che, pur attestandosi ancora su valori contenuti ha registrato una crescita di oltre il 60% delle proprie vendite, con buone prospettive per il 2022; percorso inverso, invece quello della Calabria, anch’essa caratterizzata da contenuti valori di export, ma che nell’ultimo anno ha visto le proprie vendite all’estero contrarsi di un quarto del valore.
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